Valentina Aprea (FI) alla maggioranza: ‘Non tornate indietro’

“Il quadro disastroso della scuola italiana è quello dipinto con efficacia dal dossier di Tuttoscuola”, ha detto Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, già sottosegretario con il ministro Moratti, presidente della Commissione Cultura della Camera nella XVI legislatura e assessore all’istruzione e lavoro della Regione Lombardia dal 2012 al 2018, durante il convegno “La scuola colabrodo” dello scorso 2 ottobre. Ma non è vero, ha aggiunto, che siano mancate strategie volte a combattere la dispersione, soprattutto al Sud. Il vero problema della scuola italiana è il suo immobilismo. Ricorda che alcune iniziative innovatrici, pur contenute nella legge 53 del 2003 in materia di Alternanza scuola-lavoro e di valutazione, sono avanzate faticosamente e solo recentemente stavano cominciando a produrre risultati, che però ora sono messi a rischio dalla retromarcia annunciata dell’attuale maggioranza. “Guai se tornate indietro”, ha detto Aprea rivolgendosi al senatore Pittoni, responsabile scuola della Lega, che gli sedeva accanto. “Voi rischiate di riproporre la vecchia maturità, basata sul primato delle conoscenze a scapito delle competenze”. Lo stesso errore contenuto nel lancio delle lauree professionalizzanti, che confermano il predominio assoluto dell’università, centrata sulle conoscenze, nella formazione terziaria, a scapito del modello alternativo costituito dalla creazione di una filiera tecnico-professionale parallela e autonoma.

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 Allargando il suo attacco al governo giallo-verde la parlamentare ha poi criticato la svalutazione della laurea e di tutto quanto fatto negli ultimi 20 anni per consolidare la formazione iniziale dei docenti implicita nella difesa aprioristica dei diplomati magistrali.

Nella parte finale del suo intervento Aprea ha rilanciato il modello educativo adottato dalla Lombardia, che spostando l’accento dall’insegnamento all’apprendimento ha valorizzato tutte le filiere formative, comprese quelle professionalizzanti, aprendo ai giovani, anche a quelli più a rischio che si iscrivono ai Centri di Formazione Professionale, migliori prospettive di formazione e di lavoro.

C’è un piano B per i giovani”, ha concluso, non c’è solo quello rappresentato dal “reddito di cittadinanza”.