Valditara: il ruolo dell’Italia nella politica scolastica europea

Il Ministro Moratti ha presentato l’8 luglio a Bruxelles le priorità della presidenza italiana dell’Unione Europea per scuola, università e ricerca.

Si tratta di priorità in qualche modo vincolate dalle linee impresse dalle precedenti presidenze e che tuttavia denotano una serie di sensibilità caratteristiche dell’azione di governo del nostro Ministero. Il programma si articola, per quanto concerne la scuola, in primo luogo sulla “nuova centralità dell’istruzione” e in particolare sull’esigenza di innalzare il livello dell’istruzione, sull’agevolazione degli accessi, sull’apertura al resto del mondo dei sistemi di istruzione e formazione. Si passa poi ad affrontare il tema della priorità della “qualità delle risorse umane” inteso nel senso di una valorizzazione del capitale umano delle società europee tramite il sostegno a politiche educative e formative che “coniughino gli obiettivi di coesione sociale e di competitività”, passando poi per la integrazione di politiche educative e politiche sociali e del lavoro nella formazione del capitale umano. Infine centrale è anche il tema della lotta contro il disagio, visto soprattutto nel senso di lotta contro la dispersione scolastica. Il documento, discusso nelle commissioni parlamentari, ha raccolto un ampio consenso. Vi sono peraltro alcuni punti che potrebbero essere aggiunti, integrati o approfonditi e che in ogni caso, al di là del semestre di presidenza italiana, possono essere l’oggetto di una riflessione comune.

Intanto sarebbe opportuno inserire come elemento centrale di una politica europea per la scuola la valorizzazione delle lingue e culture nazionali e nel contempo la necessità di una valorizzazione delle radici culturali comuni dell’Europa, a iniziare dalla centralità dello studio del mondo classico che esprime i valori su cui si è fondata l’unità culturale del nostro Continente. In questo modo si possono sviluppare gli spunti racchiusi nella bozza di convenzione europea. Un altro tema centrale è quello di individuare linee comuni per il reclutamento e la formazione in carriera degli insegnanti. Proprio con la riforma dei cicli scolastici il nostro Paese ha peraltro iniziato a confrontarsi con modelli europei, che dovrebbero valere anche per la formazione in servizio.
Il tema della qualità dell’insegnamento è infatti senz’altro un tema centrale, è anzi il vero tema da cui di pende quello della qualità dell’istruzione.
Il disagio giovanile andrebbe visto poi non solo sotto il profilo degli abbandoni, ma anche sotto quello della devianza giovanile, anche all’interno delle scuole, tema sempre più scottante che i governi europei, penso per esempio a quello britannico e a quello francese, stanno affrontando in ordine sparso con soluzioni fra le più disparate.

In Europa si confrontano poi due diversi modelli, quello tedesco e quello francese, per quanto attiene al problema delle politiche scolastiche nei confronti dei giovani extracomunitari. E’ questo un tema che anche in Italia sta diventando sempre più drammaticamente esplosivo, posto che vi sono ormai nelle grandi città classi con maggioranza di alunni stranieri, che non hanno una adeguata conoscenza della nostra lingua con tutti i problemi di apprendimento degli studenti italiani e di emarginazione di quelli stranieri che ciò comporta. Un momento di confronto con le diverse politiche scolastiche europee per l’handicap è poi auspicabile. Così come auspicabile è l’avvio di un sistema di formazione professionale che coinvolga la sponda sud del Mediterraneo per favorire lo sviluppo in loco di specializzazioni che possano contribuire alla nascita di imprenditorialità locali.

Pur nella consapevolezza delle forti contrarietà che si riscontrano proprio a livello europeo è infine necessario continuare ad impegnarsi per far acquisire a livello comunitario la consapevolezza che la qualificazione del fattore umano è un investimento primario ben al di là dei problemi di deficit italiani e che pertanto le spese per scuola, università e ricerca dovrebbero essere considerate spese di investimento e dunque al di fuori dai parametri di Maastricht.

Su alcuni di questi temi crediamo che il Governo italiano debba confrontarsi sin da ora per arrivare a qualche risultato condiviso che sarebbe il riconoscimento del ruolo essenziale del nostro Paese nell’ambito di una politica scolastica europea.

Sen. Giuseppe Valditara
(responsabile Scuola e Università di An)