Valditara al Corriere ‘gramsciano’: ‘La mia scuola è quella della Costituzione’

Singolare, e un po’ disorientante, la polemica ospitata nei giorni scorsi sulle colonne del Corriere della Sera tra il noto giornalista Carlo Verdelli (già direttore della “Repubblica”, della “Gazzetta dello sport”, di “Vanity Fair” e di “Oggi”) e il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara: oggetto il carattere “gramsciano” (termine usato dal ministro) delle valutazioni negative mosse da Verdelli alla sua linea di politica scolastica in un articolo pubblicato in prima pagine il 10 settembre, intitolato “Sogni (e futuro) da restituire ai nostri giovani”.

Verdelli ha scritto che “la scuola boccheggia da tempo immemore e continuerà a boccheggiare, come se non fosse l’emergenza nazionale che è” e che “Parlare di scuola di destra o di sinistra, se sia più importante il concetto di Patria o di Costituzione, è come disquisire sulla piega dei centrini da tè sul ponte del Titanic, mentre l’iceberg sta squarciando la nave. C’è un’intera generazione che ormai parla un’altra lingua, si incontra o si scontra attraverso canali e codici indecifrabili, che vive altrove anche se abita in casa”. Riservando una stoccata alla politica scolastica del Governo: “La scuola non può da sola arginare questo male di vivere, e di dissipazione dei desideri, che coinvolge chi, per anagrafe, è destinato a ereditare il mondo. Ma è colpa grave trascurare l’impatto di questo iceberg, concentrando gli sforzi sulle tazzine da tè, offrendo come via di salvezza richiami retorici all’orgoglio di nazione o al successo come meta di una crescita”.

Valditara, in una lettera al direttore uscita il giorno dopo, ha scritto, riguardo alla riforma dell’istruzione tecnica e professionale, che “la formazione, con buona pace di chi è rimasto ancora alla scuola di Gramsci, nella sua parte più tecnica deve essere coerente con le necessità del mondo produttivo, che non deve essere demonizzato, perché quel mondo produce ricchezza e ha bisogno di competitività”, difendendo alcune sue iniziative volte a “personalizzare” l’insegnamento e l’apprendimento, dalla riforma appunto dell’istruzione tecnico-professionale (il “4+2”), volta a differenziare l’offerta formativa valorizzando i percorsi a carattere pratico alternativi a quelli liceali, alle misure a sostegno dei disabili e delle loro famiglie (maggiore continuità degli insegnanti sulle cattedre, corsi di specializzazione per 85.000 precari di sostegno) per arrivare ai corsi di italiano per studenti stranieri che non lo parlano. Nella stessa direzione va l’introduzione del docente tutor e del docente orientatore, volta a “individuare e valorizzare i talenti di ogni studente”. E così anche il progetto di sperimentazione della Intelligenza artificiale in alcune scuole per potenziare la didattica personalizzandola. 

Valditara sembra leggere “a contrariis” le critiche di Verdelli alle varie misure di personalizzazione della didattica attribuendogli l’intenzione di proporre un modello uguale per tutti, come secondo il ministro era quello teorizzato da Gramsci, il modello del liceo. Ma la Costituzione italiana, a suo avviso, è incardinata sulla centralità della persona dello studente con i suoi diversi talenti da scoprire e da valorizzare.

In verità Verdelli non propone affatto una scuola severa, di ispirazione gramsciana (e chissà se il ministro si riferisse a lui quando ha fatto riferimento a “chi è rimasto ancora alla scuola di Gramsci”, ma magari – proviamo a indovinare – alla Flc-Cgil con la quale di recente ha incrociato le spade più volte). E infatti, nella sua breve replica a Valditara, scrive che “La scuola di Gramsci, a cui Valditara subdolamente mi iscrive, non esiste. Resistono invece gli ideali di quella di don Milani, ma non credo che a un ministro così convinto del proprio operato interessi approfondirli. Gliene riassumo uno, per brevità: nessuno resti indietro”.

Ecco, la singolarità è questa: l’anti-gentiliano – e anti-gramsciano – Valditara, alla luce della sua lettera (e come ha spiegato nel suo volume “La scuola dei talenti”), sembra proprio volere la stessa cosa. Si saranno capiti i duellanti?

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