Va bene l’inglese, ma l’italiano?

Mentre il CNPI si prepara ad esprimere un parere (forse favorevole) alla proposta di un miniprogetto per la generalizzazione dell’inglese e dell’informatica nelle prime due classi della scuola primaria da settembre, all’interno della maggioranza viene avanti invece la richiesta di dare priorità alla lingua italiana.

Su richiesta del capo dipartimento del Miur, dott. Pasquale Capo, il Cnpi si pronuncerà il 24 luglio su questa ipotesi di estensione dell’insegnamento dell’inglese (e dell’informatica) in prima e seconda classe della scuola primaria.

Dopo la gran cassa dei mesi scorsi per l’avvio vero e proprio della riforma, si tratta di un “mons parturiens”, di una piccola cosa, innocua e fattibile, che dovrebbe trovare via libera da parte del parlamentino scolastico. Al massimo l’ok del Cnpi potrebbe arrivare con riserva per la non certezza di copertura dei posti di docente necessari per far fronte al fabbisogno che dovrebbe riguardare circa 53 mila classi (già comunque provvisti di insegnante di L2 per circa 2/3).

Ma, mentre si aspetta la pronuncia di mezza estate, all’interno della maggioranza vi è chi richiama una priorità maggiore di quella delle due “i” di inglese e di informatica.

La nuova priorità, secondo il senatore Giuseppe Valditara, responsabile scuola di Alleanza Nazionale, è un’altra “i”, quella dell’italiano.

Il parlamentare di AN, in suo comunicato, dopo aver ricordato che il suo partito ha ottenuto di includere tra gli obiettivi specifici di apprendimento della futura scuola riformata “il ritorno e il rafforzamento di strutture fondamentali per la lingua italiana quali la sintassi, la grammatica e l’analisi logica, che esprimono la cultura della regola e dell’ordine mentale” e lo studio del latino nella scuola media, ha ricordato l’urgenza dell’avvio della formazione linguistica dei nostri ragazzi, visto il risultato negativo emerso da un’indagine Ocse sulla lettura da cui risulta che “…gli studenti italiani sono risultati ventunesimi nella lettura, cioè nella comprensione di un testo non specialistico. Dai dati internazionali, secondo Valditara, la scuola italiana non pare più in grado di assolvere efficacemente al compito di istruire i propri studenti. La pessima conoscenza della lingua testimoniata da tali dati, oltre ad essere fattore di decadimento morale e materiale della cultura nazionale, comporta problemi di comunicazione e di efficienza…. Nel complesso, possiamo affermare che una società che non conosce adeguatamente la propria lingua finisce con l’essere sempre più volgare, più approssimativa e più superficiale…”.