Università. L’Espresso promuove Gelmini

In controtendenza rispetto alla linea del gruppo editoriale cui appartiene insieme a Repubblica, fortemente critica verso il governo Berlusconi, il settimanale L’Espresso pubblica un articolo, a firma dell’economista Luigi Zingales, di apprezzamento della riforma universitaria targata Gelmini.

Sarà per le vicende personali che l’hanno coinvolto (ripetute esclusioni in Italia da concorsi che avrebbe potuto/dovuto vincere, in favore di candidati interni o protetti), sarà per la positiva esperienza da lui vissuta negli USA, ma la presa di posizione di Zingales non poteva essere più chiara sulle tre questioni affrontate nell’articolo.

La prima è quella che riguarda la carriera dei ricercatori: o vengono promossi entro un certo numero di anni o vengono licenziati. Un sistema che non solo valorizza il merito, ma “costringe i professori a promuovere i ricercatori bravi al tempo giusto, invece che lasciarli languire nella promessa di un premio futuro” (come è successo finora in Italia): “ È meglio cambiare carriera a trent’anni che scoprire a cinquanta di aver sbagliato strada”, dice Zingales.

Il secondo aspetto positivo (“rivoluzionario”) della riforma Gelmini è l’introduzione di una differenziazione di stipendio basata sul merito e non sull’anzianità. “Vi immaginate quanto competitiva sarebbe una squadra di calcio se i giocatori fossero pagati sulla base dell’anzianità di carriera e non della bravura? Eppure è quello che ha fatto finora l’università italiana”. La differenziazione sarà limitata perché agirà per ora solo sugli aumenti di stipendio, “ma almeno il principio è stato introdotto”.

Il terzo passo avanti individuato da Zingales riguarda la governance: il limite obbligatorio al mandato dei rettori, la distinzione tra responsabilità didattiche, che restano al Senato accademico, e responsabilità amministrative, attribuite ad un consiglio di amministrazione composto anche da esterni.

Tre novità di portata limitata, ma nella direzione giusta. Da questo punto di vista la riforma Gelmini è “di gran lunga la migliore (forse l’unica) fatta dal quarto governo Berlusconi in quasi tre anni di vita”. Insomma, governo bocciato ma Gelmini promossa. Una valutazione condivisa nella sostanza anche da Confindustria.