Una maturità che costa 183 milioni di euro e funziona male

Non era certo la prima volta che le prove d’esame della “maturità” finivano nel tritacarne dei media, ma una bufera così violenta non si era mai vista. Quasi uno tsunami, che ha indotto una parte della stampa e dell’opinione pubblica a chiedersi se non sia meglio fare a meno dello stesso esame, o almeno di un esame fatto in questo modo. Che costa tra l’altro alla collettività ben 183 milioni di euro, salvo (probabili) sforamenti. Cifre ricordate anche da Gian Antonio Stella nel suo editoriale Se il maturando ci costa 368 euro (sul Corriere della Sera di ieri 25 giugno 2008), che cita più volte dati elaborati da Tuttoscuola.

L’insistente appello per il ripristino della “serietà” nella scuola, lanciato dall’ex ministro Fioroni, e ripreso con forza dal suo successore Gelmini, è apparso improvvisamente banale, inattendibile, provenendo da un Ministero colto in fallo nel momento della sua massima responsabilità e visibilità pubblica. Di qui la solenne arrabbiatura dell’attuale titolare del Ministero, e l’immediata ricerca del o dei “colpevoli”.

Ma al di là dei veri o presunti errori degli ispettori e dei tecnici, è la stessa, colossale macchina della “maturità”, anzi dell’esame conclusivo degli studi secondari superiori, come un po’ burocraticamente si chiama dopo la riforma Berlinguer, a mostrare tutti i suoi limiti.

Già l’ex ministro Moratti aveva di fatto contribuito a indebolire il senso dell’esame, disponendo che esso venisse gestito dagli stessi insegnanti dei candidati, e trasformandolo così in una sorta di prova finale interna, seguita da uno scrutinio di fine d’anno, anzi di fine ciclo. E non è certo bastato il ripristino delle commissioni miste, reintrodotte da Fioroni nel 2007, a nascondere le crepe di un esame sempre meno credibile, i cui risultati, disaggregati per province, assegnano le votazioni più alte ad alcune zone del Sud, contraddicendo clamorosamente gli esiti delle indagini comparative internazionali, come dimostrato dal 1° Rapporto sulla qualità nella scuola di Tuttoscuola.

La verità è che non è possibile garantire il massimo della accuratezza e della segretezza in presenza di 912 diversi indirizzi, di circa 700 “seconde prove” e di diverse migliaia di proposte di testi d’esame (200 solo per la prova di italiano nelle sue diverse tipologie), fatte da centinaia di diversi proponenti. In queste condizioni l’errore, ai diversi livelli, è sempre dietro l’angolo. Per questo, come sembra peraltro sollecitare lo stesso ministro Gelmini, il megamarchingegno va alleggerito, semplificato, ammodernato anche sul piano tecnologico. Ma è soprattutto la frastagliata geografia dei percorsi, indirizzi, sperimentazioni assistite, maxi, mini e quant’altro a richiedere una analoga operazione di riordino, alleggerimento, semplificazione.