
Il dolore profondo e composto degli abruzzesi colpiti dal terremoto, il loro modo essenziale e schivo di manifestarlo, la loro determinazione nel guardare avanti da subito, oltre i cumuli di macerie, hanno colpito l’opinione pubblica.
I giornali e le TV giustamente hanno messo in luce questa reazione della popolazione, cui ha corrisposto un comportamento misurato e partecipe da parte dell’intera classe politica. Non era scontato che le cose andassero così, in un Paese spesso lacerato dalle polemiche e dalle strumentalizzazioni.
Se una lezione viene da questo tragico evento, è una lezione di sobrietà, un invito a concentrarsi sulle cose da fare, più che su quelle da dire.
Ma dall’Abruzzo è arrivata anche una bella lezione di educazione interculturale: dopo la cerimonia dei funerali secondo il rito cristiano cattolico, si sono svolte anche le esequie per i sei morti di fede musulmana, celebrate dall’imam, il cui breve discorso è stato applaudito da tutti i 5.000 presenti. Un episodio da mostrare nelle scuole: accompagnerebbe in modo efficace un discorso sulla tolleranza e sul dialogo interculturale.
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