Una forbice di oltre 20 punti tra occupazione maschile e femminile

Recentemente l’Istat ha pubblicato la situazione dell’occupazione maschile e femminile in Italia, fornendo dati e percentuale registrati nel 2010 relativamente alle persone di età lavorativa compresa tra i 15 e i 64 anni.

Tra uomini e donne la differenza percentuale dei livelli di occupazione supera mediamente i 21 punti: 67,7% i primi, 46,1% le seconde.

La forbice si allarga in Campania e in Sicilia, sfiorando i 29 punti, ma tocca il massimo in Puglia con 30,1 punti di differenza tra i livelli occupazionali maschili e femminili.

Va molto meglio in Emilia Romagna dove il differenziale si ferma a 15 punti e in Piemonte dove tocca i 15,5 punti, oppure in Friuli-Venezia Giulia e Liguria dove raggiunge i 16 punti.

Nel complesso delle regioni settentrionali il differenziale tra l’occupazione maschile e quella femminile si attesta mediamente tra i 17,4 e i 18,2 punti, mentre al Sud e nelle Isole oscilla tra il 25,9 e il 27,7.

Se si tralascia il divario uomini/donne e si concentra l’attenzione soltanto sulla occupazione femminile, oltre a registrare un livello medio nazionale (46,1%) ben lontano dal traguardo minimo fissato dall’Europa ad almeno il 60% delle donne occupate, si registra uno squilibrio notevole tra Nord e Mezzogiorno.

Nelle regioni settentrionali l’occupazione femminile è intorno al 56% (in Emilia sfiora il 60%, in Piemonte e in Lombardia il 56%), mentre al Sud oscilla intorno al 30% (in Campania è al 25,7%, in Sicilia al 28,7% e in Puglia al 29,5%).

Il differenziale di sviluppo tra le aree del nostro Paese è indubbiamente una delle cause del basso livello dell’occupazione femminile al sud.