Un modesto ma efficace rimedio all’assenteismo dei docenti

Da Concettina Bucci (5 febbraio 2008), riceviamo questo commento alla proposta di Ezio Pelino:

Concordo in pieno con la proposta di riconoscere in qualche misura l’assiduità della presenza al lavoro, specificamente a scuola, dove le assenze saltuarie dei docenti hanno effetti negativi sulla complessiva efficienza del servizio.

Parecchi anni fa, non ricordo per quale previsione normativa, una forma di incentivo annuale fu riconosciuta a chi si fosse assentato per meno di 15 giorni nell’anno scolastico (cito a memoria); a mio avviso, sono già troppi, ma tant’è…

L’obiezione che non sia giusto penalizzare chi si ammala non regge: non si capisce perché, all’interno di un corpo docente molto omogeneo per età, ci siano persone cagionevolissime di salute accanto a veri e propri leoni..

In ogni caso, non si tratta di togliere qualcosa a chi si assenta, ma di riconoscere un “premio di produttività” a chi va al lavoro anche se ha mal di testa, raffreddore o tosse; a questo proposito, ricordo ancora gli anni in cui, per il primo giorno di ciascun periodo di assenza, la retribuzione era decurtata. Funzionava come deterrente contro la tentazione di starsene a casa senza motivo fondato, e penalizzava chi si assentava spesso per uno o due giorni.

 

Da Ezio Pelino riceviamo e pubblichiamo questa lettera

Il caso della giudice “malata“, che corre in regata il mare, ha fatto riscoprire il fenomeno dell’assenteismo. Eppure l’assenteismo nel pubblico impiego, arrivato a quadruplicare quello nel settore privato, non è nuovo.

Ha preso a manifestarsi negli anni settanta. Le motivazioni sono tante, a cominciare dall’appannarsi di quel senso del dovere e dell’onore di cui oggi si può solo avere idea dai romanzi tardo ottocenteschi alla De Marchi.

Ma se è difficile, se non impossibile, recuperare quella diffusa eticità, si puo’ quantomeno reintrodurre un meccanismo una volta in vigore. Si chiamava indennità di presenza. Per ogni giorno di effettiva presenza si beneficiava di una gratifica, anche se modesta. Sarebbe sufficiente, se non a risolvere il problema, a ridimensionarlo.

I medici di base, infatti, non se la sentono di contrastare la richiesta di certificazione per paura di perdere il cliente. Il malato, vero o falso che sia, ha diritto, poi, di uscire di casa e il dovere di essere nel domicilio solo per due ore prestabilite la mattina e altrettante la sera. La visite di controllo sono del tutto inutili: nessuno, che si sappia, è stato mai dichiarato in salute e rispedito al lavoro. Lo Stato le potrebbe e dovrebbe abolire.

Ma i sindacati saranno favorevoli a premiare la presenza? Già li sento dichiarare che non si può penalizzare il malato a causa dell’assenteista. Nè, vale per loro l’argomentazione che chi va al lavoro produce rispetto a chi al lavoro, comunque, non c’è.

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