Tuttoscuola: Via la franchigia di 90mila euro? Dentro 2,3 miliardi all’anno

Si avrebbe un doppio beneficio: più equità e risorse da reinvestire

Non si sa se tra i 2.550 emendamenti alla manovra economica presentati in Commissione Bilancio dai vari gruppi parlamentari ci sia anche la proposta di eliminare la franchigia che impedisce di applicare la riduzione di stipendio sui primi 90 mila euro dei dirigenti dello Stato.

E’ auspicabile che la proposta ci sia e che venga approvata, perché non solo sanerebbe un grave elemento di iniquità che caratterizza il decreto legge presentato dal Governo, ma consentirebbe di recuperare – secondo i calcoli di Tuttoscuola – oltre 2,3 miliardi di euro all’anno, che potrebbero essere utilizzati per rendere meno pesanti i sacrifici imposti ad esempio al personale della scuola, di gran lunga la categoria più colpita dalla manovra.

Cosa è la franchigia dei dirigenti?

Ricordiamo di che si tratta. L’art. 9 comma 2 del decreto legge del 31 maggio 2010, n.78, intitolato “Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico” prevede che “i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, (…) superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro“.

Ciò significa che fino a 90 mila euro di stipendio non è applicata alcuna riduzione. Una franchigia, appunto, per effetto della quale la manovra richiede effettivamente ai dirigenti dello Stato una riduzione di stipendio variabile tra lo 0% (per chi guadagna fino a 90 mila euro) e il 5% (per chi guadagna 250 mila euro).

Se si considera che agli insegnanti (stipendio medio annuo 24 mila euro) richiede di rinunciare all’11% in media (con punte fino al 15%) dello stipendio per i prossimi 3 anni (e a 29 mila euro a persona in media fino a fine carriera), risulta evidente che si potrebbe ben richiedere a chi guadagna da 4 a 10 volte di più un sacrificio del 10%.

La misura raccoglierebbe certamente consenso tra la gente. Lo dimostra il sondaggio con il quale Tuttoscuola ha proposto che anche i dirigenti pubblici (e i parlamentari), per una questione di equità, siano assoggettati a ritenute stipendiali almeno pari percentualmente alla quota degli altri dipendenti pubblici: il 93% dei lettori (operatori scolastici ma anche genitori e studenti) si è detto d’accordo con questa proposta.

E troverebbe probabilmente d’accordo importanti esponenti politici come il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, che aveva auspicato (15 maggio) che “la dieta, finalmente, la si faccia fare anche a tutti gli ‘alti papaveri’ del pubblico, anche quelli del cosiddetto sottobosco, che fino ad oggi non mai stati toccati e sono stati considerati degli intoccabili“. I quali invece grazie alla franchigia non pagano nulla.

Quanto vale la franchigia dei dirigenti? Due miliardi e 300 milioni l’anno

Inoltre l’eliminazione della franchigia sugli stipendi dei dirigenti pubblici libererebbe risorse considerevoli per ridurre altri tagli mantenendo i saldi della manovra, come richiesto dal ministro dell’economia Tremonti e dallo stesso presidente del consiglio Berlusconi.

Se la franchigia venisse azzerata vi sarebbe un maggior introito per lo Stato di oltre due miliardi e 300 milioni di euro. Potrebbe servire a compensare quanto si conta di togliere al personale della scuola nel prossimo triennio. O potrebbe essere utilizzato anche in altro modo.

I conti sono presto fatti. Si parla di 260 mila dirigenti pubblici di I e di II fascia, tra capi dipartimento ministeriali, magistrati, primari ospedalieri, diplomatici, docenti universitari, segretari comunali, etc. Tra loro circa l’85% percepisce da 90 mila euro in su all’anno, mentre il restante 15% ne percepisce in media circa 80 mila.

Dai primi, azzerando la franchigia, si otterrebbe un risparmio di due miliardi all’anno; dagli altri di oltre 300 milioni. E i calcoli non tengono conto del fatto che molti dirigenti di prima fascia guadagnano ben più di 90 mila euro, quindi l’introito per lo Stato sarebbe ancora maggiore se si pensa che la manovra nell’attuale versione conserva una franchigia ridotta (5%) per il reddito compreso tra 90 e 150 mila euro.

Se si è stabilito di togliere complessivamente al personale della scuola (24 mila euro di stipendio medio annuale) circa l’11% del reddito atteso, c’è un motivo per non togliere il 10% ai dirigenti dello Stato? E ai parlamentari? E ai membri della corte costituzionale? La “legge” del taglio deve (quanto meno) essere uguale per tutti.

Cosa deciderà il Parlamento? E come si regoleranno gli stessi presidenti di Camera e Senato che dovranno deliberare entro la fine dell’anno in vista della determinazione del taglio dello stipendio per i parlamentari, inclusi i ministri parlamentari? Analoga decisione spetta anche alla Presidenza della Repubblica e alla Corte Costituzionale, che dovranno decidere riduzioni di spesa (art. 5 del decreto legge n. 78/2010). “Se la manovra porterà dei sacrifici per gli italiani, credo sia giusto che siano i politici i primi a farli“, aveva detto il 15 maggio il presidente del Senato Renato Schifani.