
Tracce Maturità 2025 fuori ‘programma’: da Pasolini a Borsellino, una prova che chiede pensiero, non memoria

Come ogni anno, la scuola vive i suoi 10 minuti di notorietà con gli esami di Maturità. Per essere precisi, 5 minuti sono dedicati alla prima della prova di italiano, e gli altri 5 alla mattina successiva quando testate specializzate e generaliste fanno a gara a comunicare per primi i temi e gli autori della seconda prova che i maturandi, vittime sacrificali all’altare del “rito di passaggio”, si apprestano a svolgere nelle torride aule scolastiche italiane. Ci sarebbero poi altri 5 minuti di attenzione, per arrivare ai famosi 15 minuti di celebrità cui parlava Andy Warhol (e che sono citati proprio in un testo della maturità 2025), che la scuola si gioca a settembre con il “back to school”. Poi basta. Durante l’anno si parla di scuola quasi esclusivamente per questioni legate a incidenti, problemi, limiti e difficoltà: peccato.
Ma veniamo ai 5 minuti del giorno. Questa mattina ci siamo svegliati con le solite immagini dei soliti maturandi davanti alle solite scuole (esclusivamente licei, per lo più classici, per carità) intenti a cantare l’immancabile “Notte prima degli esami”. Poi, mentre sorseggiavamo il secondo caffè, ecco arrivare autori e temi delle tracce della prima prova della maturità 2025 (per vederli cliccare qui: https://www.tuttoscuola.com/prima-prova-maturita-tracce-tipologia/ ).
Da una prima veloce lettura devo ammettere che sono rimasto favorevolmente colpito: per quanto riguarda la tipologia A, “analisi e interpretazione di un testo letterario”, il MIM ha scelto per i ragazzi Pier Paolo Pasolini, “Appendice I a ‘Del Diario’ (1943-1944)” da “Tutte le Poesie” (2009), insieme a “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi da Lampedusa. Ammetto che se la scelta di individuare un autore che incarna la visione risorgimentale cara a questo ministero non mi sorprende, lo fa invece quella di Pasolini. Andando avanti nella lettura di queste tracce, nelle altre tipologie troviamo poi il tema della tragicità della guerra e del decennio che ha sconvolto il mondo (riferito agli anni Trenta dello scorso secolo), scelto per la Tipologia B con il brano di Brendon, “Gli anni Trenta, il decennio che sconvolse il mondo”. Sempre per la stessa tipologia gli studenti hanno avuto a che fare anche con un brano proveniente dalla riflessione di Riccardo Maccioni, “Rispetto è la parola dell’anno Treccani” insieme a “Un quarto d’era (geologica) di celebrità” di Telmo Pievani.
Interessanti anche la scelta di inserire tra le tracce della prima prova il giudice Paolo Borsellino con “I giovani, la mia speranza” e Meldolesi e Lalli con il testo “L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?”.
Breve riflessione a caldo. Leggendo le tracce credo sia passata nella mente di tutti i maturandi una domanda: “Ma io che ho studiato a fare quest’anno?” A colpo d’occhio infatti tutti avremmo notato che in questa prova di italiano hanno fatto capolino solo autori, pensatori e docenti della seconda metà del ‘900. Come mai nessuno degli autori studiati nel famoso “programma” che sappiamo non esistere più – o meglio, esistere solo nella testa e nei cuori di alcuni docenti -, è stato oggetto della prima prova dell’esame di Stato? Ce lo ha infatti rivelato un’indagine di Skuola.net di qualche giorno fa: meno di 1 studente su 3 racconta di aver trattato a scuola tutti gli autori del Novecento. Per tutti gli altri (e parliamo di più del 67%) non è stato così: 1 su 4 è arrivato agli autori del secondo Novecento, il 32% a quelli della prima metà e, addirittura, il 12% a quelli di inizio Novecento. Che senso ha avuto, allora, impiegare ore sulle “sudate carte” se poi gli autori sono fuori da ogni possibile elenco studiato a scuola?
Davanti a queste domande abbiamo due possibili risposte. La prima è quella disfunzionale della lamentatio perenne, per cui la scuola non funziona, non è coerente, eccetera, mentre la seconda ha invece una visione pedagogica che forse vale la pena approfondire.
La scelta operata per questa prima prova, infatti, mi sembra voglia essere una risposta a quella logica che considera la scuola solo un luogo di accumulazione di conoscenze, di studio a memoria, di annullamento del pensiero critico. La scelta di non proporre autori che normalmente si studiano a scuola, mi sembra vada nella direzione dello sviluppo del pensiero critico, della riflessione, della “testa ben fatta” di Morin, anziché della “testa ben piena”. Se così fosse, ancora una volta, si conferma che l’esame di Stato, almeno nella sua prima prova, mantiene un carattere non nozionistico, ma di apertura alla società, ai costumi, all’attualità (più di qualcuno pensa che la scelta del Gattopardo sia conseguenza della serie televisiva di grande successo). In questo senso credo allora sia opportuno anche ricontestualizzare il modo di prepararsi all’esame stesso, dando sempre più spazio agli aspetti di riflessione e allo sviluppo di competenze, come sostiene Fiorin: “Lo scopo dell’insegnante non è insegnare discipline ma, grazie alle discipline, favorire lo sviluppo delle competenze chiave. Le discipline sono i mezzi della formazione scolastica, non lo scopo” (l’articolo completo qui).
I nostri 5 minuti di notorietà concessi alla scuola stanno terminando, forse abbiamo anche sforato. Da domani si tornerà a parlare delle tracce delle seconde prove (partendo rigorosamente dai licei classici fino a “scendere” ai professionali), dei problemi, delle cose che non vanno, mentre gli studenti proseguiranno nello stanco e sempre meno utile rito dell’esame di Stato che, ca va sans dire, piace tanto agli adulti, che di esami però non ne fanno più.
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