Mentre si discute con forti polemiche sui possibili test antidroga per gli insegnanti, altri test, per ragioni ben diverse, vengono proposti e potrebbero essere praticati nelle scuole.

Sono i test per individuare il bacillo della tbc che il Comune di Roma ha deciso di effettuare sul personale educativo delle proprie scuole dell’infanzia e degli asili nido.

Dopo i numerosi contagi riscontrati al Policlinico Gemelli della capitale con 150 neonati risultati positivi al test della tbc, a Roma si sta pensando di sottoporre a test volontario il personale che viene più spesso a contatto con il pubblico, a cominciare da chi opera nei servizi per l’infanzia.

“Tutti coloro che riscontrano alcuni indicatori della tbc (tosse persistente, sudorazione notturna, febbre) d’accordo con medico di base – ha detto il vicesindaco Sveva Belviso – potranno essere sottoposti al test della tubercolosi”.

L’esempio di Roma potrebbe essere seguito da altri comuni in Italia, riprendendo quelle azioni di controllo che fino agli anni ’80 venivano eseguite obbligatoriamente nei confronti del personale delle scuole dell’infanzia e primarie.

Fino a circa mezzo secolo fa vi era infatti l’obbligo degli insegnanti di sottoporsi ogni due anni a visita schermografica per accertare l’eventuale presenza del bacillo. Poi quella forma di controllo, ritenuta troppo invasiva, venne sostituita dal time-test per via cutanea (test di Mantoux) praticato con una certa frequenza e poi abbandonato come azione preventiva generalizzata in considerazione del fatto che in Italia la tubercolosi risultava praticamente debellata e inesistente.

Il notevole flusso migratorio che ha interessato negli ultimi decenni l’Italia, i viaggi frequenti in altri Paesi e i numerosi contatti della popolazione hanno modificato quella situazione, rendendo necessaria nuovamente un’azione di controllo e di prevenzione.

E potrebbero dunque riprendere in modo generalizzato i controlli sugli insegnanti.