Tasso di occupazione di diplomati e laureati: Italia ultima in Europa

Tra gli Indicatori chiave che la Commissione europea pubblica annualmente vi è anche il Tasso di occupazione dei neodiplomati in relazione al livello di istruzione raggiunto (età compresa tra 20 e 34 anni con conclusione degli studi da uno a tre anni prima dell’anno di riferimento). Si tratta di un indicatore che può dare la misura del successo occupazionale conseguito grazie al possesso dei livelli d’istruzione alti e medio alti, compresi tra 3 e 8 ISCED della classificazione internazionale (International Standard Classification of Education – ISCED), cioè dai diplomi della secondaria di II grado ai diplomi di laurea o master.  

Obiettivo fissato (o auspicato) è l’82% di giovani (età compresa tra 20 e 34 anni) che trovano occupazione, entro tre anni dal conseguimento del titolo di istruzione.

Nel 2009 la percentuale dell’82% era stata raggiunta soltanto da un terzo dei Paesi dell’Unione, 7 su 27 (non viene più rilevata la situazione del Regno Unito), con una media europea del 78%. L’Italia allora risultò ultima con il 60,6% di tasso di occupazione, distante ben 17,4 punti dalla media europea e 21,4 dall’obiettivo finale.

Nel decennio successivo, come precisato dai commentatori del report, diversi Stati membri hanno avviato importanti riforme dell’istruzione superiore. Tra le misure recenti figurano il rafforzamento dei meccanismi di garanzia della qualità, l’introduzione di modelli di finanziamento basati sui risultati, l’ampliamento dei sistemi di sostegno agli studenti, l’aumento della partecipazione degli studenti con disabilità, la promozione della internazionalizzazione e il richiamo di studenti stranieri.

Molti paesi si sono inoltre adoperati per migliorare la qualità e la pertinenza al mercato del lavoro dei sistemi di IeFP (istruzione e formazione professionale), ad esempio istituendo un sistema nazionale di monitoraggio dei diplomati dell’IeFP, avviando il monitoraggio dei percorsi di carriera di diplomati e laureati, sviluppando un barometro del mercato del lavoro, aggiornando il repertorio dei profili professionali, preparando una strategia per la qualità dell’IeFP.

L’impulso all’innovazione ha dato i suoi frutti, tanto che al termine del decennio (2019) hanno raggiunto e superato l’obiettivo dell’82% del tasso di occupazione 17 dei 27 Paesi dell’Unione.

La media generale di tutti i Paesi è salita all’80,9%, a un punto dall’obiettivo e con un incremento generale di quasi tre punti rispetto al 2009.

L’Italia purtroppo non è tra i Paesi che hanno migliorato il tasso di occupazione; anzi, dal 60,6% del 2009 è infatti scesa al 58,7%, accentuando la distanza dalla media generale (i 17,4 punti di differenza sono diventati 22,2) e allontanandosi ulteriormente dall’obiettivo finale dell’82%.

C’è da chiedersi, alla luce di questi dati preoccupanti, da dove ripartire.

Certamente una delle soluzioni risiede nei percorsi ITS. Gli Istituti Tecnici Superiori realizzano corsi professionalizzanti di livello terziario, per la formazione di tecnici in sei aree professionali e l’82% dei diplomati ad un anno dall’acquisizione del titolo di studio è occupato quasi totalmente in un lavoro coerente con il percorso di studi seguito.

Gli ITS quindi rispondono ai bisogni delle imprese, sono percorsi di alto livello ed hanno una platea potenziale importante, perché solo il 50% dei nostri diplomati si iscrive ad un percorso terziario accademico.

Resta il problema della scarsità di offerta formativa in Italia. Ad oggi, a fronte di circa un milione e mezzo di iscritti all’università, agli ITS risultano iscritti solo 15 mila studenti.