Negli USA si ritiene che circa 700.000 studenti di scuola secondaria e college (uno su 13) potrebbero tentare di suicidarsi o prendere in seria considerazione l’ipotesi di farlo. Una percentuale altissima, che rivela una realtà molto più preoccupante di quella italiana, o almeno di quella che risulta dalle poche ricerche fatte nel nostro Paese.
In realtà l’elevato numero di giovani considerati a rischio suicidio negli USA si deve probabilmente alle accurate tecniche di analisi e rilevazione del fenomeno, dovute ad una vasta campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, che ha condotto in pochi anni a creare centinaia di centri di ricerca specializzati dentro e soprattutto fuori delle università: istituti, fondazioni, siti Internet.
Il «Centre for Suicide Prevention» (www.suicideinfo.ca/) per esempio, articolato in tre settori, Informazione, Ricerca, Prevenzione, contiene un’impressionante massa di dati e documenti sul problema (27.000 tra testi e materiali audiovisivi, molti consultabili via Internet), e un elenco di oltre cinquanta altri enti e istituzioni che se ne occupano, raggiungibili con un link. Uno dei più interessanti è il sito www.focusas.com/suicide, che ospita fra l’altro un’ampia ricerca sulle caratteristiche del fenomeno negli USA, dove negli ultimi 25 anni il tasso complessivo dei suicidi si è ridotto, ma quello dei giovani tra i 15 e i 24 anni si è triplicato, mentre il numero delle teen agers che tentano il suicidio è tre volte superiore a quello dei coetanei maschi.
Da notare che nell’analisi delle cause il fallimento negli studi non è neppure preso in considerazione a sé, perché viene ricondotto ad altre, più ampie categorie: in testa a tutte sta la depressione, seguita dall’abuso di alcool e/o di droghe e dai conflitti all’interno della famiglia. Anche l’accessibilità ad un’arma è un importante fattore di rischio: la probabilità che un giovane che dispone di un’arma in casa tenti il suicidio è cinque volte superiore a quella di un altro giovane che non abbia questa disponibilità.