Strategie antibullismo: chi rompe paga

Nei giorni scorsi il Ministero della PI ha reso noti alcuni dati relativi al numero verde antibullismo istituito a febbraio 2007: in media il numero verde riceve circa 70 telefonate al giorno e a chiamare sono soprattutto genitori (36,1%) e insegnanti (21,2%), mentre gli studenti sono il 13,4%. Nella maggior parte dei casi chi chiama vuole ricevere informazioni su che cosa fare e sulle procedure da adottare (53,1%).
Il ministro Fioroni, dal suo canto, è tornato ad insistere sulla responsabilità in qualche modo “oggettiva” dei genitori, e sul doveroso risarcimento, da parte degli stessi, dei danni provocati dai figli per atti di bullismo. “Chi rompe, paga“, ha detto.
Ma l’AGeSC, Associazione Genitori Scuole Cattoliche, mostra in proposito più di una perplessità.
La corresponsabilità educativa dei genitori“, sostiene Maria Grazia Colombo, presidente nazionale dell’AGeSC, “non può essere ridotta solo al giusto impegno di rispondere in termini economici dei danni fatti dai propri figli, è molto di più.”
Secondo l’Associazione la sanzione in se stessa “non è educativa” se discende dalla “astrattezza di proposte formulate centralmente“: serve invece un patto educativo tra scuola e famiglia fondato sulla corresponsabilità educativa, vissuta nella sua concretezza, e sulla centralità del giovane e della sua esperienza di vita. Altrimenti il richiamo alle regole non è efficace. “L’educatore deve saper proporre al ragazzo una visione e un senso alla propria esistenza“, sostiene Colombo, e “solo in questo percorso educativo la regola ha senso“.
Ma il ministro sembra orientato a insistere sulla linea dura, ormai intrapresa con decisione.