Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Stranieri in classe/3. In Europa non c’è una ricetta unica

L’inserimento separato di studenti stranieri che non parlano la lingua del Paese che li ospita avviene nei sistemi scolastici nei quali è diffusa la pratica dello “streaming“, che consiste nella formazione di classi (o addirittura tipi di scuola, come avviene in Germania) di diverso livello e difficoltà.

Si va da forme più leggere e transitorie di raggruppamento degli allievi all’interno delle scuole (classi aperte, sottogruppi temporanei con obiettivi specifici come l’apprendimento linguistico), esperienze abbastanza diffuse in Gran Bretagna, alla frequenza di classi e corsi con livelli di difficoltà differenziati, fino alla istituzionalizzazione delle differenze in scuole con ordinamenti e programmi specifici, come avviene in Germania. In questo caso viene anche impiegato il termine “tracking” (canalizzazione, tracciamento), che forse rende meglio l’idea della separatezza di queste scuole, che sono in genere frequentate da figli di stranieri di recente immigrazione.

Il Commissario europeo agli Affari sociali e le Pari Opportunità, il ceco Vladimir Spidla, intervistato da Canale Italia, una TV di Padova,  ha definito  “difficilmente accettabile l’idea che ci siano delle classi separate per tutta la durata della scuola“, ma ha anche specificato che l’Unione Europea non può intervenire in alcun modo perché “la responsabilità è dei singoli Stati. Fare una separazione drastica non penso sia una buona soluzione”, ha proseguito il commissario, “ma per persone che non abbiano una conoscenza sufficiente della lingua, ecco in quel caso posso immaginare progetti specifici“. L’importante è che le classi siano transitorie e finalizzate allo studio della lingua.

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