Stop al concorso a posti di dirigente amministrativo

Erano solo 20 posti, molti meno di quelli che sarebbero necessari per fare fronte alle esigenze non tanto del Ministero centrale quanto delle varie Direzioni regionali e CSA (o USP, come Fioroni li ha ribattezzati), ma a viale Trastevere hanno deciso di farne a meno. Un decreto a firma del direttore generale degli affari generali Bruno Pagnani ha annullato il relativo bando di concorso del 22 dicembre 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2006.

Il provvedimento è diventato inevitabile dopo che il Dipartimento della Funzione Pubblica ha notificato al MPI il proprio avviso in ordine all’opportunità di procedere alla revoca del bando, dato che questo, emanato in vigenza del MIUR, non può corrispondere alle esigenze organizzative e funzionali dei due nuovi Ministeri, MPI e MUR, nati dalla sua divisione

Così ancora una volta, anche se per ragioni ineccepibili, slitta un concorso che, a prescindere da ogni altra valutazione, sembrava necessario e urgente per fare fronte a situazioni insostenibili, specialmente in alcune Regioni, dove si è dovuto ricorrere a doppi e tripli incarichi, reggenze, supplenze, deleghe e quant’altro.

Analoga, e per certi versi peggiore, la situazione dei dirigenti tecnici. Anche per loro era stato messo in campo nella passata legislatura un miniconcorso per 15 posti (a pensar male, forse riservato a pochi eletti): una goccia in un mare di vuoti lasciati dai molti pensionamenti (inevitabili per una categoria che ha visto svolgere l’ultimo concorso nel 1990), solo in piccola parte colmati – tra molte discussioni – da oltre 100 nomine per chiamata diretta, fatte con contratto, a dirigenti scolastici e anche a insegnanti.

E’ tutta l’area della dirigenza amministrativa e tecnica insomma (ma anche quella scolastica ha i suoi problemi) a soffrire della sua attuale carenza quantitativa, cui corrispondono incertezze e inadeguatezze sui ruoli, che vanno ridefiniti nel quadro dello sviluppo del nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni nelle materie riguardanti l’istruzione e la formazione. Serve un disegno strategico chiaro di attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione per depotenziare l’iniziativa di alcune Regioni (Lombardia e Veneto) che chiedono ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (art. 116 della Costituzione).