Stipendi insegnanti italiani tra i più bassi dei Paesi Ocse. Valditara: ‘Al lavoro per garantire ulteriori risorse’
Gli stipendi degli insegnanti italiani sono i più bassi tra i Paesi OCSE, secondo il rapporto “Education at a Glance” 2024, e l’Italia continua a investire meno rispetto alla media internazionale nel settore dell’istruzione. A riprendere questi dati è stata la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha sottolineato l’importanza di aumentare le retribuzioni degli insegnanti e di colmare il divario di genere ancora evidente nelle retribuzioni. Il rapporto ha evidenziato che lo stipendio medio dei docenti italiani è fermo a 31.950 euro nel 2019, scendendo poi a 31.320 euro nel 2023, mentre in Paesi come la Germania i compensi continuano a crescere.
Schlein: “Pagare di Più gli Insegnanti”
Schlein ha denunciato il basso investimento italiano nell’istruzione, pari al 4% del PIL, e ha sollecitato il governo a intervenire: “Il governo deve dimostrare di voler affrontare il problema incrementando le risorse nella prossima manovra”. Ha poi posto l’attenzione sull’urgenza di affrontare anche il divario retributivo di genere, che in Italia è il più ampio tra i Paesi OCSE: le giovani laureate guadagnano il 58% in meno rispetto agli uomini.
Valditara: “Aumenti in Arrivo e Dati OCSE da Contestualizzare”
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha chiarito ieri, durante il question time al Senato, che i dati OCSE si riferiscono all’anno scolastico 2021-2022, quindi prima della firma del contratto collettivo del 2023, e che il nuovo contratto, che sarà concluso auspicabilmente nel 2024, includerà ulteriori miglioramenti.
In merito agli aumenti salariali, Valditara ha annunciato che con la prossima Legge di Bilancio sono previsti incrementi medi di 160 euro lordi per docente, anche se la metà di questo importo è già inclusa nelle buste paga dal gennaio 2023. Tuttavia, ha rassicurato che il governo sta lavorando per garantire ulteriori risorse per gli insegnanti.
Il Precariato nella Scuola Italiana
Uno dei temi principali affrontati da Valditara durante il question time è stato il precariato, più volge da lui definito una “questione endemica” della scuola italiana. Il ministro ha ribadito ancora una volta alcuni dati: “Non è vero che attualmente ci sono 250mila precari nella scuola italiana, come affermato da alcuni sindacati. Le supplenze sono pari a 165mila unità, che si ridurranno a 155mila entro dicembre grazie alle assunzioni derivanti dai concorsi PNRR, già in fase di chiusura”. Questo segnerà una prima riduzione rispetto agli anni precedenti, quando il numero dei precari era pari a 160mila.
Valditara ha inoltre spiegato che gran parte dei precari, circa 100mila, sono insegnanti di sostegno chiamati a ricoprire “posti in deroga”, e molti di loro non sono specializzati, il che impedisce una loro stabilizzazione. A tal proposito, il governo ha istituito nuovi percorsi di specializzazione gestiti da INDIRE, proprio per formare questi docenti.
Assunzioni e Vincoli Europei
Un altro ostacolo nell’assunzione dei docenti è legato ai vincoli posti dalla Commissione Europea nell’ambito del PNRR, che richiedono l’assunzione di 70mila insegnanti esclusivamente tramite nuovi concorsi. “Se non raggiungiamo questo obiettivo entro il 2026, rischiamo di perdere una parte dei 24 miliardi di euro legati all’ultima tranche del PNRR”, ha spiegato Valditara. Tuttavia, il governo è riuscito a ottenere una proroga fino al 2026 per il raggiungimento di questo target, garantendo maggiore flessibilità nel reclutamento.
Valditara ha concluso annunciando un ulteriore confronto con la Commissione Europea per ottenere margini di flessibilità ancora maggiori e rendere la riforma del reclutamento più aderente alle esigenze della scuola italiana.
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