Sparisce il commissario ad acta ma il problema resta

Non sono state certamente le manifestazioni degli studenti – come afferma qualche politico per guadagnarsi le simpatie studentesche – a far cambiare idea al Governo sui commissari ad acta per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche.

Il merito è delle Regioni che hanno ingaggiato un braccio di ferro con l’Esecutivo sulla questione del decreto legge 154 (attualmente in discussione al Senato), bloccando di fatto le procedure consultive sul piano programmatico per la razionalizzazione del sistema di istruzione prevista dall’attuazione della manovra finanziaria (art. 64 della legge 133/2008).

Senza piano programmatico non vi può essere il via libera dei regolamenti attesi inderogabilmente all’inizio del 2009 per dar corso a settembre alla prima parte della manovra con le notevoli economie attese (a spese della scuola).

Giovedì prossimo dovrebbe riprendere il confronto tra Stato e Regioni in Conferenza unificata e preparare il via libera alla successiva procedura consultiva per i regolamenti; procedura che richiederà almeno due mesi di tempo.

In molti casi il dimensionamento atteso slitterà di almeno un anno e i risparmi dovuti dovranno attendere. Risparmi che con la manovra dei tagli non c’entrano per niente (anche se tutto fa cassa in momenti di emergenza finanziaria).

Quei risparmi derivano infatti da una corretta applicazione di norme di dieci anni fa che in diversi territori per negligenza o disinteresse dei Comuni (e in assenza di adeguati controlli) non sono state messe in atto, come si sarebbe dovuto fare. Nessun taglio connesso con la manovra finanziaria ma soltanto una esigenza di buona amministrazione che non aveva bisogno di ricorrere, di punto in bianco, al commissariamento degli enti inadempienti.