Si riaprono spazi negoziali per il sindacato

In fondo a Letizia Moratti potrebbe andare meglio che a Margaret Thatcher, che subito dopo l’introduzione del “National Curriculum” (1988) dovette fronteggiare una lunga serie di scioperi e di iniziative di boicottaggio da parte di quasi tutti i sindacati.
E’ vero che il comunicato unitario CGIL-CISL-UIL del 23 gennaio (questa volta manca lo SNALS, anch’esso critico, ma più cauto), emesso a caldo subito dopo la conclusione del Consiglio dei ministri, proclama “l’immediato stato di mobilitazione di tutto il personale della scuola”, e che si minacciano “ulteriori iniziative di lotta”, ma solo se “nei prossimi giorni non verrà aperto un confronto finalizzato a determinare rapidamente risultati in termini di impegni e di certezze”.
Oggetto del richiesto confronto sono “le ricadute del provvedimento sul funzionamento della scuola, sulle famiglie, sul personale e sull’organizzazione del lavoro”, che i sindacati confederali prevedono “molto pesanti e negative”. Ma a quale scopo chiedere una sede di confronto se non per trattare e contrattare, come è nella ragione sociale dei sindacati?
La linea scelta unitariamente dal terzetto CGIL-CISL-UIL a decreto approvato, insomma, non sembra quella dell’opposizione frontale attraverso lo sciopero, che potrebbe portare ad ulteriori dissensi tra i tre sindacati, ma quella del confronto, anche aspro, con il Governo nel merito di specifiche questioni, prima fra tutte quella dell’organizzazione del lavoro. E quella delle connesse politiche di formazione del personale, chiave di volta di qualunque innovazione organizzativa. Da questo punto di vista il decreto legislativo offre al sindacato ampi e concreti spazi di negoziazione su temi come le modalità di organizzazione del nuovo/vecchio tempo pieno, la contitolarità dei docenti, la “specifica formazione” del maestro coordinatore e degli altri componenti del team ecc.
Temi sui quali anche il Governo dovrebbe avere tutto l’interesse a cercare un confronto costruttivo. A meno che qualcuno a viale Trastevere non pensi ancora di poter fare la riforma senza il consenso, o addirittura con il contrasto, di chi dovrebbe applicarla.