Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Si infuoca il dibattito sull’ora di religione

L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, interviene nel dibattito apertosi sulla piena legittimazione dell’ora di religione (cattolica) negli ordinamenti della scuola italiana.

A suo giudizio è il Concordato del 1984 a parlare con chiarezza del “valore della religione nell’educazione completa e integrale della persona“. In tale contesto “la conoscenza della dottrina e del fatto cristiano è una dimensione culturale e non catechistica” perchè fa parte della “nostra storia“.

La necessità di riaffermare questo messaggio, contenuto nel Concordato, deriva secondo il presidente della CEI dal fatto che “strada facendo le cose bisogna ricordarle perchè possono essere dimenticate oppure interpretate diversamente“.

Per nulla d’accordo si dichiara Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, a cui giudizio in Italia “la libertà religiosa è garantita dalla stessa Costituzione tanto che è possibile la costituzione di scuole di tendenza, vale a dire, nel nostro caso, di scuole cattoliche purchè i relativi costi non siano a carico dello Stato. Un insegnamento confessionale della religione, una educazione alla fede religiosa, qualunque essa sia, è quindi compito delle famiglie e delle relative confessioni religiose, ma non dello Stato”.

Secondo il sindacalista la conoscenza e comprensione del ”fatto religioso”  rappresenta un elemento fondamentale per la crescita culturale e civile delle giovani generazioni, ma proprio per questo esso “deve essere ricompreso all’interno dei curricoli scolastici, ma non in forma confessionale’‘.

Furibonda la reazione dei radicali che accusano “l’intera classe politica italiana, purtroppo sempre silente e accondiscendente di fronte alle innumerevoli e interessate richieste della curia, a maggior ragione se si considera che nell’aggiornamento del Concordato del 1984 la religione cattolica cessò di essere religione di Stato (a fronte di privilegi economici enormi)“.

I radicali coinvolgono nella critica anche il ministro Gelmini: “Con queste posizioni – si legge in una nota  – unite alle ultime decisioni del Ministero della Pubblica Istruzione, vengono allo scoperto le reali intenzioni dei due poteri: far rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta principale, reintrodurre cioè in maniera sempre più ufficiale, oltre che di fatto, l’insegnamento di una religione, quella cattolica, nelle scuole pubbliche, in spregio agli accordi vigenti e alla sempre più mutata composizione multietnica e multiculturale della società“.

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