Ancora una volta, di fronte a una strage indiscriminata come quella verificatasi a Nizza proprio nel giorno in cui i francesi celebravano la nascita del loro modello di moderna democrazia pluralista – una scelta non casuale, anzi mirata a colpire simbolicamente tale modello – dobbiamo chiederci se e che cosa può fare l’educazione per combattere il fenomeno del terrorismo.
Lo avevamo fatto anche pochi mesi fa, dopo la strage del Bataclan (13 novembre 2015), con uno Speciale che conserva tutta la sua drammatica attualità. Ma ora, dopo la serie di ulteriori attentati organizzati (come quelli che hanno colpito Bruxelles) e soprattutto di gesti individuali, che non sembrano far parte di alcun piano programmatico precostituito, occorre chiedersi prima di tutto se oltre alla via lunga dell’educazione alla convivenza e alla non violenza interetnica e interculturale si debba puntare con più forza e subito anche sulla via breve dell’affermazione del modello ‘occidentale’, cioè liberaldemocratico, pluralista e laico, come modello da proporre ed eventualmente anche imporre a tutti coloro che vivono e convivono nei Paesi che a tale modello si ispirano.
Restiamo convinti che la via lunga sia quella che produce (produrrà) effetti più profondi e duraturi, rimuovendo alla radice, cioè fin dalla prima educazione – già dall’età prescolare – le premesse culturali e psicologiche del terrorismo. Ma è necessario e urgente che il mondo della scuola conosca meglio il fenomeno, che se ne parli in classe (può essere utile, a tale proposito, il manuale della Erikson ‘Parlare di Isis ai bambini’, già segnalato da Tuttoscuola) e che intanto, nel rispetto di tutte opinioni e religioni, su un principio si sia intransigenti: il diritto alla vita e alla libertà di ciascun individuo, da salvaguardare sempre, comunque e dovunque. Anche con la forza, se necessario.
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