Il Servizio pubblico come servizio di coaching

“Me We” Muhammad Ali – Cassius Clay

Durante la IV Conferenza sulle pratiche dialogiche che si terrà a Torino dal 12 al 14 ottobre prossimo sarà  presentato il programma di innovazione sociale: “Il servizio pubblico come servizio di coaching Dialogical Practices Coaching & Mindfulness – DPCM”. Saranno presenti alla Conferenza le Istituzioni locali e le organizzazioni che già stanno sperimentando il programma.

I lettori di Tuttoscuola potranno partecipare usufruendo di uno sconto specialeclicca qui per saperne di più. È possibile utilizzare la Carta del Docente.

L’approccio dialogico prende le mosse dal pensiero di Buber, di Bakhtin e di Bohm e altri, si sviluppa da quasi trent’anni in Finlandia, soprattutto nelle governance locali, implementando il local to local ed accompagnando il processo di riforma degli enti locali e dei servizi pubblici.

La necessità di cercare e provare nuovi paradigmi ed approcci è stata sollecitata dalla crisi economico finanziaria, di pensiero e di etica pubblica, che ha coinvolto cittadini e istituzioni; crisi che colpisce soprattutto i giovani e le categorie più vulnerabili. L’aumento dei NEET, l’indebolimento delle strutture familiari, la precarizzazione della vita, sempre più «di scarto» come sosteneva Zygmunt Bauman, producono costi, per le persone, di natura insolita. Questa precarietà e situazione d’incertezza oggettiva e soggettivamente esperita si manifesta nella limitata capacità o nell’impossibilità di progettare la propria vita sia a breve sia a lungo termine. L’amministrazione pubblica si trova in disarmato affanno di fronte a richieste sempre più pressanti ed alla mancanza, ormai cronica, di risorse. Il suo primo compito, nella crisi che stiamo vivendo in Europa, è quello di abbassare le tensioni, diminuire le preoccupazioni, facilitare l’accesso ai servizi e migliorare la qualità della vita delle persone.

Ri-pensare una pubblica amministrazione che possa sostenere e rispondere alle istanze di giustizia sociale, di ri-orientamento, di scoperta delle risorse collettive e personali inesplorate latenti o inutilizzate, diventa politicamente strategico, vitale e ri-generativo.

Considerare il servizio pubblico come un investimento e non come una spesa è una sfida: occorre rinnovare i servizi con una nuova visione e permettere così ai cittadini, grazie a questo cambiamento culturale, di riprendere fiducia nelle istituzioni, di impegnarsi nell’essere più responsabili nei confronti della comunità e di contribuire a migliorare i servizi stessi. È un capovolgimento di paradigma: da quello della paura e del controllo a quello improntato alla responsabilità, all’impegno e all’intesa.

L’approccio dialogico promuove riflessioni, considerazioni e domande sul processo democratico di segno dialogico-deliberativo. La complessità e le difficoltà che ogni governance locale e istituzione vive quotidianamente nella ricerca del dialogo e di una maggior consapevolezza partecipativa al benessere comune motivano a cercare nuovi paradigmi e soluzioni.

Il cuore del processo partecipativo è, appunto, la deliberazione. Non si tratta di una semplice decisione, ma di un punto di arrivo, il risultato di un bilanciamento (la parola “delibera” viene dal latino libra, bilancia) tra i pro e i contro dei diversi possibili corsi d’azione nelle scelte collettive. Il processo deliberativo si fonda pertanto sulla responsabilizzazione dei partecipanti attraverso un confronto dialogico, sulla scorta delle opportune informazioni e conoscenze, per la migliore soluzione possibile di un problema collettivo, per una deliberazione di qualità. La poesia più breve del mondo, citata in esergo (“Me We”: io, noi), di Muhammad Ali – Cassius Clay può ben introdurci al tema del processo partecipativo in corso, all’interno del quale si colloca, come forma più circoscritta e definita, la democrazia di segno dialogico-deliberativo a cui si devono ispirare le azioni di governance. Come scrive Lewanski (2007), «la partecipazione certamente si basa su processi discorsivi: vi sono discussioni, scambi verbali più o meno aggressivi, talvolta negoziati e mediazioni. Ma non necessariamente si tratta di processi dialogico-deliberativi […]. La “deliberazione” è invece un processo che mira a generare un consenso informato attraverso un approccio dialogico (quando il dialogo diventa generativo e offre nuovi punti di vista) che porti a comunicazioni interpersonali significative, a una progressiva comprensione delle ragioni e dei punti di vista altrui (senza rinunciare aprioristicamente ai propri), a uno spostamento verso valutazioni più bilanciate, condivise, ragionate e orientate al cambiamento».

Una caratteristica di questo approccio integrato è la capacità di permettere di vedere e riconoscere punti di vista altrui e proficui dialoghi interiori. Il dialogo genera la realtà dell’incontro con l’alterità, la dialogicità ha capacità trasformativa. Il coaching con approccio dialogico è un processo sempre e volutamente aperto, sviluppa e sostiene il local to local. Il processo non è mai definitivo, è sempre in divenire. Praticare, nella quotidianità, l’approccio dialogico ed assumere un atteggiamento di “coaching” diffuso e trasversale consente di aprire ad un’autentica partecipazione.

Scopo principale delle azioni previste è quello di rendere migliori ed efficaci le relazioni e le interazioni interne, i processi di comunicazione interna ed esterna del Comune, orizzontali e verticali, e i processi decisionali. Tutto ciò dovrà avvenire attraverso un più efficace lavoro di squadra, condiviso e partecipato – co-costruendo, esplicitando e consapevolizzando i “valori” specifici che caratterizzano e distinguono le azioni delle governance locali coinvolte ed offrono fondamento e significato di senso dell’agire comune.

Il ricorso all’approccio dialogico accompagna i diversi progetti strategici delle comunità territoriali e ne facilita l’integrazione complessiva. È volto anche ad una gestione “creativa e non violenta dei conflitti” che spesso si evidenziano come effetti collaterali delle ripetute riorganizzazioni degli assetti della governance.

Le pratiche dialogiche sprigionano lo straordinario potenziale dell’apprendimento collaborativo: ciò significa che collettivamente possiamo essere più perspicaci di quanto lo siamo come individui. Come sostiene David Bohm: «quando il gruppo si apre al flusso di una intelligenza più ampia il dialogo diventa dialogico». Nel dialogo, afferma Bohm, un gruppo accede a un «più ampio insieme di significato comune», a cui non si può accedere singolarmente. “L’intero organizza le parti”, anziché cercare di riunire le parti in un tutto. Lo scopo del dialogo è di andare oltre la comprensione di ogni singolo individuo. «In un dialogo non stiamo cercando di vincere. Vinciamo tutti se lo eseguiamo nel modo giusto». Nel dialogo, i singoli ottengono percezioni e punti di vista che semplicemente non potrebbero ottenere da soli. «Comincia a venire in essere un nuovo tipo di mentalità, che si basa sullo sviluppo di un significato comune […]. I singoli non sono più fondamentalmente opposti uno all’altro, né si può dire che stiano interagendo, ma piuttosto che stanno partecipando a questo insieme di significato comune, che è capace di uno sviluppo e di un cambiamento costante». Nel dialogo, un gruppo analizza da molti punti di vista questioni complesse e difficili. I singoli tengono in sospeso i loro presupposti e giudizi, ma li comunicano liberamente l’uno all’altro. Il risultato è un’esplorazione libera, che porta in superficie tutta la profondità dell’esperienza del pensiero dei singoli e tuttavia può andare oltre i loro punti di vista individuali.

Nel dialogo le persone diventano gli osservatori del loro modo di pensare. Noi non siamo i nostri pensieri, noi non siamo il nostro conflitto: attraverso il dialogo cominciamo a distaccarci dai nostri pensieri e prendiamo una posizione più creativa e meno reattiva nei loro confronti; osserviamo la natura collettiva dei pensieri. Così, secondo Bohm, l’apprendimento collettivo non soltanto è possibile, ma è vitale per fare del potenziale dell’intelligenza umana una realtà. «Attraverso il dialogo le persone possono aiutarsi vicendevolmente a divenire consapevoli dell’incoerenza dei pensieri di ciascuno e in questo modo il pensiero collettivo diventa sempre più coerente (dal latino cohaerere, stare unito insieme)». Il servizio pubblico come servizio di coaching è un’opportunità per una sfida necessaria. La missione è quella di saper costruire e connettere reti capaci di promuovere e realizzare una mobilitazione collettiva. C’è bisogno di persone che lavorino nei servizi, capaci di muoversi tra i diversi settori, capaci di essere, come diceva Langer, mediatori culturali, costruttori di ponti, saltatori di muri e “attraversatori” di confini.

L’approccio dialogico è racchiuso in queste due semplici parole: Io, Noi.

L’importanza della persona, il valore del gruppo. Il bisogno del singolo, la soluzione collettiva. Il capitale sociale complessivo, che unifica i legami sociali (bonding) e i valori condivisi (bridging), il senso di appartenenza tra cittadini e istituzioni (linking), perché «da soli si corre più veloci, ma insieme si arriva più lontano».