Secondo ciclo/1. La lunga vigilia sta per terminare. Forse

Il Consiglio dei ministri del prossimo venerdì 27 maggio dovrebbe varare in prima lettura lo schema di decreto legislativo sul secondo ciclo, certamente il più tormentato e il più difficile, come lo sono state tutte le riforme dell’istruzione secondaria superiore tentate in Italia nel dopoguerra, e tutte non a caso fallite.
La cosa sembra certa, ma l’uso del condizionale è comunque d’obbligo, essendosi verificati fino all’ultimo momento assestamenti e limature che hanno profondamente modificato l’impostazione originaria del decreto, in particolare per quanto riguarda il liceo tecnologico e quello economico, inizialmente configurati in chiave marcatamente generalista, e con forti concessioni, quasi una sorta di deferenza, nei confronti della nozione classico-umanistica della licealità.
La richiesta di una parte della stessa maggioranza di restituire identità e visibilità all’ex istruzione tecnica (all’interno del canale liceale, come proposto da AN, o in uno spazio autonomo, come sostenuto dall’UDC) è stata alla fine accolta con una mediazione, che ha in sostanza salvaguardato la specificità dei percorsi formativi tecnico-professionali, sia pure inseriti nel contesto di una “licealità” allargata.
Certo, l’idea-forza della legge n. 53 di un “sistema di istruzione e formazione” alternativo e competitivo con quello dei licei ha dovuto cedere il passo di fronte a difficoltà di ordine politico, costituzionale, istituzionale, sindacale. Ma lo storico bipolarismo del nostro sistema di istruzione si è in qualche modo ricostituito all’interno del “canale” liceale. Basta esaminare i piani di studio degli indirizzi tecnologici ed economici (ultima versione), con le loro molte ore settimanali destinate al blocco delle discipline caratterizzanti i singoli indirizzi (opzionali obbligatorie), ulteriormente incrementabili con ore facoltative a scelta dello studente.