Secondo ciclo. Confindustria: vogliamo licei più ‘vocazionali’

Sì agli indirizzi del liceo tecnologico e di quello economico prefigurati nella bozza di decreto legislativo del MIUR. Anzi, se ne potrebbe aggiungere un altro (nel liceo economico), per il settore creditizio-finanziario. No, invece, ai piani di studio delineati dagli esperti esterni nominati dal Ministro, e poi rivisti dalla struttura tecnica del Ministero, perché lasciano troppo poco spazio alle materie professionalizzanti.
Così si può riassumere un documento, datato 7 febbraio 2005, sottoscritto dalla Confindustria e da altre 10 associazioni datoriali, compresa la Lega delle Cooperative. Per quanto riguarda il sistema di istruzione e formazione, la proposta è quella di dare più tempo alle Regioni (“almeno cinque anni“), e di fare coesistere i suoi percorsi con quelli liceali tecnologici ed economici all’interno di “campus“, ovvero “poli tecnologici ed economici“.
Persiste dunque la diffidenza delle principali associazioni imprenditoriali verso le Regioni, giudicate non in grado di assicurare il rilancio e la gestione di un’istruzione tecnica qualificata e competitiva. Ma emerge anche un giudizio seccamente negativo sulla “licealizzazione” degli istituti tecnici conseguente ai piani di studio predisposti dal Ministero: troppe materie, e soprattutto troppo poco spazio per quelle professionalizzanti. “Storia dell’arte e filosofia sono materie affascinanti“, dice Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria con delega per l’Education in un’intervista al “Sole-24 ore”, ma richiedono tempo adeguato: un’infarinatura superficiale non servirebbe a niente. Come a niente, anzi a danneggiare l’apprendimento dell’inglese, servirebbe la seconda lingua straniera. Via tutto questo pulviscolo di materie, dunque, e più spazio alle materie di base: “italiano, inglese, matematica e le discipline specifiche di ciascun indirizzo“.