Se questa è la scuola dell’incertezza

La scuola italiana si trova in una fase di estrema incertezza. “Vive male perché si è ormai diffusa la convinzione di un sistema ingovernabile: ne sono segno non tanto le agitazioni, quanto, al contrario l’abbassamento della tensione e il rassegnato abbandonarsi agli eventi, che non appaiono gestibili neppure nella dimensione locale“.
È l’amaro giudizio emerso dalla Consulta regionale del Lazio della Margherita, riunitasi sabato 18 dicembre a Roma, per definire le linee del programma regionale per l’istruzione e la formazione, alla quale sono intervenuti tra gli altri gli onorevoli Giorgio Pasetto, Domenico Volpini e il senatore Giovanni Manzini.
Per la Margherita, serve quindi in ogni Regione un “nuovo patto” sull’istruzione e sulla formazione, che faccia propri i principi di Lisbona e renda la scuola uno strumento strategico per l’evoluzione sociale ed economica del Paese. E in vista delle prossime elezioni regionali occorre mettere sul tavolo piani di interventi finanziari certi, per trasformare le opportunità formative in opportunità di lavoro.
In particolare la Consulta regionale della Margherita propone di dare vita ad un’anagrafe dei giovani in età scolare, coordinata con i centri per l’impiego, per tracciare il percorso che troppo spesso conduce all’esclusione scolastica, individuandone le cause.
Un ruolo centrale viene riconosciuto ai docenti. Secondo Alfonso Rubinacci, Capo dipartimento del Miur fino al 2001 e responsabile regionale della Margherita per la scuola e formazione e presidente della Consulta, “la politica regionale deve guardare al territorio, ma deve anche contribuire all’unità del paese e all’unitarietà del sistema educativo. Passaggio obbligato è la qualificazione del personale a cui deve corrispondere una maggiore soddisfazione nel ruolo occupato e nella retribuzione: quindi rinnovo dei contratti e incrementi certi. Bisogna contrastare con forza – aggiunge Rubinacci – la grossolana e strumentale lamentela secondo la quale gli insegnanti sono troppi, lavorano poco e costano tanto“.