Se il Prof diventa povero

Anche gli insegnanti rischiano di entrare nelle categorie al limite della povertà?
La fatidica soglia che da diversi mesi viene valicata da gruppi sociali sempre più numerosi, per i quali il potere d’acquisto degli stipendi non riesce più a contrastare l’incalzare del caro-vita, è ormai prossima alle retribuzioni del personale della scuola e, anzi, è già stata pericolosamente valicata da qualcuno di loro.
Buon per la scuola che vi è stato nel corso del 2003 il rinnovo del contratto che ha consentito un discreto recupero salariale rispetto al 2000, ma quell’incasso sembra lontano anni, anziché mesi, annullato com’è dalla corsa dei prezzi.
Per un tasso ufficiale di inflazione che nell’ultimo triennio ha raggiunto il 7,8% (un tasso che molti ritengono al di sotto di quello reale), gli stipendi netti del personale scolastico di quanto sono cresciuti nel medesimo periodo, tra contratto e progressione di carriera?
La risposta, a secondo delle anzianità considerate, è di segno opposto.
Chi infatti oltre agli incrementi contrattuali ha aggiunto il passaggio di “gradone”, ha cumulato due aumenti e tutto sommato riesce a contenere la perdita del potere di acquisto dello stipendio di cui godeva all’inizio del 2000. Chi invece è rimasto all’interno del gradone (che ha una durata di sei-sette anni) si è dovuto accontentare solamente degli aumenti contrattuali che ormai non tengono più. Se, per di più, il confronto riguarda il personale Ata, quasi sempre il potere d’acquisto dello stipendio soccombe davanti all’inflazione.
Si può stimare che circa il 50% del personale scolastico abbia perso l’intero potere d’acquisto e qualcosa di più. Una situazione drammatica, impensabile in quella che ambisce ad essere “la società della conoscenza”. E francamente inaccettabile.
Ma, se il rinnovo contrattuale per il biennio 2004-2005 non arriva presto e con consistenti benefici, le situazioni stipendiali critiche nella scuola sono destinate ad aumentare, portandosi dietro le contraddizioni e il paradosso di un paese che manca l’investimento più importante, quello sul capitale umano, perché avrà reso quella del “formatore” di questo capitale una professione non appetibile e perdente. Un paese “che si dà la zappa sui piedi”.