Se il futuro della scuola è nelle nascite, le scuole del Sud devono preoccuparsi

Negli ultimi anni le scuole meridionali e insulari hanno fatto registrare una tendenza, pressoché costante, al calo di alunni.

Il dato è noto, come è risaputo anche quello che riguarda le scuole settentrionali dove da un po’ di tempo la tendenza registrata è esattamente opposta, grazie, forse, al continuo arrivo di alunni con cittadinanza non italiana.

L’Istat ha reso noto nei giorni scorsi i dati sulle variazioni demografiche intervenute nel triennio 2002-2004 in ordine anche all’indice di natalità.

Si tratta di dati che faranno sentire il loro effetto sulla scuola tra tre-quattro anni.

La speranza di vedere invertita la tendenza al sud è andata delusa, perché, ancora una volta il trend negativo delle nascite è stato confermato pressoché ovunque, mentre diverse regioni del nord continuano a vedere piene le culle (e domani pieni i banchi di scuola).

Il Sud si consola perché, pur con tendenza al decremento, ha ancora elevati indici di natalità (che lentamente si abbassano nel tempo).

Nel triennio 2002-2004 tutte le regioni settentrionali e centrali hanno visto aumentare l’indice di natalità, con il Veneto che è passato addirittura dal 9,5 nati su mille residenti nel 2002 a 10,1 nel 2004 e con la provincia di Lodi che è passata dall’8,9 al 9,9.

L’indice di natalità al sud è stazionario o in lieve decremento, come, ad esempio, in Basilicata dove è sceso dal 9,2 del 2002 all’8,9 del 2004, e con Enna che è scesa dal 9,9 al 9,2 (ma Taranto in controtendenza è salito dall’8,6 al 9,6).