Se i bulli sono i genitori…

Lo aveva detto Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, in un dibattito trasmesso qualche giorno fa da “Rai utile” sul digitale terrestre (uno stralcio è visibile in streaming sul sito www.gildains.it): si parla molto, a volte troppo, del bullismo degli studenti come fenomeno tra pari, ma poco, troppo poco, del bullismo che vede gli insegnanti come vittime. Vittime, spesso indulgenti e rassegnate, dei propri allievi. Ma anche, e sempre di più, di certi genitori, che non riconoscono loro il diritto/dovere di valutare con equità i propri figli, e che giungono a rivolgere minacce sempre meno velate agli stessi insegnanti.
Ora tocca ai dirigenti scolastici. L’episodio più recente è quello che ha coinvolto il preside Castorina di Bari, lo stesso che era stato insultato e minacciato dai genitori perché aveva sequestrato i telefoni cellulari dei loro figli e che venerdì scorso è stato addirittura malmenato (10 giorni di prognosi) da scalmanati familiari non soddisfatti, a quanto pare, della pagella assegnata alla figlia.
Due settimane fa a Civitavecchia era toccato ad una dirigente scolastica aggredita dalla madre di una ragazzina ripetutamente richiamata per i suoi atteggiamenti da “bulla“.
Qui si pone, evidentemente, un problema di fondo, perché gli episodi ripresi dalle cronache sono soltanto la punta dell’iceberg. Ciò che è in crisi profonda in Italia, è il prestigio sociale dell’istituzione scuola, la sua legittimazione, agli occhi degli studenti e dei genitori, come luogo eminentemente deputato alla formazione e alla valutazione degli apprendimenti e anche dei comportamenti, intesi come elementi funzionali all’apprendimento e a forme corrette di socializzazione e convivenza. Per rilegittimare il ruolo istituzionale della scuola servirebbe, come è emerso anche nel citato dibattito su “Rai utile“, una azione congiunta, forte ed esplicita, di tutti gli interessati (insegnanti, genitori, pubbliche amministrazioni, magistratura, forze di sicurezza), sostenuto dalla classe politica in modo bipartisan.
Altrimenti la scuola come sistema istituzionale formale pubblico (così lo prevede la Costituzione) potrebbe declinare in un vortice di violenze e inefficienze, e dare spazio alla ricerca di alternative. E potrebbe allora affacciarsi anche in Italia un fenomeno come quello dello “homeschooling“, lo studio domestico senza andare a scuola, in forte espansione negli Stati Uniti.