Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Scuole islamiche/1. Amato: servono più controlli

La scorsa settimana il ministro dell’interno Giuliano Amato si è detto preoccupato, oltre che per la scarsa trasparenza degli ingenti finanziamenti provenienti dall’estero per la costruzione di nuove moschee, anche per la nascita di scuole islamiche che – ha detto – “si stanno diffondendo nel nostro Paese“. E ha preannunciato controlli più accurati su queste scuole e sui loro docenti.
Ma qual è l’effettiva consistenza del fenomeno? In Italia ci sono oltre un milione di islamici (esclusi i clandestini), 258 moschee e 628 luoghi di preghiera per musulmani, censiti dal Cesis nel 2006 (nel 2000 erano 400). Una realtà sociale e religiosa di grande rilievo e in grande crescita, soprattutto in alcune zone del Nord Italia.
In molti casi – la grande maggioranza – i giovani musulmani in età scolare sono iscritti a scuole italiane, in altri (vedi via Ventura a Milano) stanno tentando la strada di una sorta di integrazione bilingue tra curricoli delle loro nazioni di provenienza (l’Egitto in questo caso) e curricoli italiani. In altri ancora, dei quali si sa poco, sembra che questi giovani frequentino scuole arabe, probabilmente legate alle moschee e ai luoghi di preghiera, secondo la tradizione musulmana delle “madrase”. Le quali però non sono vere e proprie scuole, ma piuttosto centri di iniziazione alla cultura e alla religione islamica, che come è noto non prevede una distinzione tra dimensione religiosa e dimensione civile, tra norma morale e norma giuridica.
Lo Stato italiano, attraverso il Ministero della Pubblica Istruzione, può intervenire sul funzionamento delle “scuole” attraverso norme, già esistenti, abbastanza incisive (ed eventualmente migliorabili), ma che cosa potrebbe fare di fronte a “non scuole”, che però svolgono funzioni in senso lato educative? Forse è su questo che occorrerebbe un approfondimento.

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