Scuola, un programma di fine legislatura
Che cosa accadrà, nel settore della politica scolastica, nei meno di due anni che restano alla fine della corrente legislatura, e dopo l’uscita di scena del ministro dell’Economia Tremonti? Che cosa potrà concretamente fare, e con quale bilancio si presenterà l’attuale governo alla scadenza elettorale del 2006?
Domande e preoccupazioni che ormai diventano dominanti nel Palazzo della politica, e che si declinano con maggiore visibilità e spazio mediatico in altri settori, dalla politica fiscale a quella previdenziale, dalla giustizia alle riforme istituzionali, dalla salute alla politica estera, ma che è corretto porsi anche per un ambito, come quello delle politiche educative, che interessa direttamente o indirettamente la maggior parte dei cittadini-elettori del nostro Paese: due milioni di studenti dai 18 anni in su, venti milioni di genitori di studenti da zero a 24 anni, un milione duecentomila insegnanti e altro personale tecnico e ausiliario, senza contare le rispettive famiglie, altre centinaia di migliaia di elettori, probabilmente milioni, nei settori della formazione professionale, dell’apprendistato, dell’educazione degli adulti.
A questa vasta platea di elettori il governo sottoporrà i risultati di una strategia di cambiamento che – ormai è chiaro – solo in parte potrà essere, al termine del quinquennio, compiutamente dispiegata, con l’opposizione politica e sociale che certo non darà una mano, a meno di un drastico quanto improbabile cambio di rotta da parte della maggioranza.
Molto dipenderà dalle risorse finanziarie delle quali Letizia Moratti potrà disporre per i tre comparti di sua competenza (istruzione, università, ricerca), ma per il settore dell’istruzione il giudizio degli elettori sarà legato soprattutto al successo nell’applicazione della riforma.
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