Scuola e università nella bufera politica

Ci si chiede se la crisi della coalizione che ha vinto le elezioni del 2008 metta in discussione anche la strategia di politica scolastica e universitaria portata avanti dal Governo in questa prima metà della legislatura. La risposta non è facile anche perché dipende e discende dalla soluzione che la crisi politica avrà. Comunque un dato appare certo: prima l’approvazione della legge di stabilità da parte del Parlamento, poi i passaggi politici per una crisi che mette in gioco il destino di  Berlusconi, di Fini ed anche del partito democratico. Si possono disegnare vari scenari, dando per scontata, secondo le previsioni generali, l’apertura formale della crisi di governo entro dicembre.

Secondo il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, “l’unica alternativa a questo governo è il voto” (forse solo per la Camera, come ha ipotizzato il presidente del consiglio Berlusconi). In questo caso, elezioni politiche anticipate a breve termine (3-4 mesi) con l’attuale governo, e tutto rinviato alla nuova legislatura.

Ma a dare ascolto ai tam tam della politica, una delle alternative, al momento piuttosto improbabile, sarebbe quella di un nuovo governo di centro-destra, a guida non berlusconiana, che riceva il sostegno (esterno?) del Fli, e comprenda ministri legati a Berlusconi. In questa ipotesi la Gelmini, prediletta del Presidente del Consiglio, sarebbe in pole position per la conferma, e potrebbe assicurare continuità alle politiche avviate a livello sia scolastico sia soprattutto universitario.

Un altro scenario possibile sempre dopo l’approvazione della legge di stabilità  è quello del governo tecnico, che avrebbe il mandato di condurre il paese alle elezioni politiche previa modifica dell’attuale legge elettorale. Una prospettiva alla quale il Pdl e anche la Lega sono contrarissimi. Ministro dell’istruzione sarebbe probabilmente un tecnico (come Lombardi nel governo Dini che portò alle elezioni del 1996), che verosimilmente non avrebbe né il tempo né la forza di cambiare sostanzialmente le cose.

Un ulteriore scenario è quello di un governo che escluda, come il precedente, il Pdl e la Lega, ma sia un governo non tecnico ma politico, dotato cioè di un programma concordato tra le forze che lo sostengono, e di durata non necessariamente limitata alla preparazione di nuove elezioni. In tal caso le politiche formative sarebbero profondamente modificate. Ovviamente la portata dei cambiamenti dipenderebbe in modo determinante dal futuro ministro dell’economia.

Difficile fare previsioni, c’è da augurarsi almeno che questa fase di incertezza – che determina una sostanziale paralisi istituzionale – sia la più breve possibile.