Anche senza riandare col pensiero alla discussa e discutibile, ma spesso evocata teoria spengleriana del tramonto dell’Occidente, non c’è dubbio che o quello che noi chiamiamo mondo e cultura ‘occidentale’ – liberaldemocratica, pluralista, laica ma anche multireligiosa e tollerante – riuscirà a difendere e a rilanciare il proprio modello di vita individuale e collettiva, rendendolo competitivo a livello planetario, come sottolinea la filosofa francese Elisabeth Badinter, oppure le funeste previsioni dello studioso tedesco rischiano di trovare qualche conferma.
Secondo Oswald Spengler, un naturalista e matematico che si era laureato con una tesi su Eraclito, ogni cultura evolve come tutti gli organismi: nasce, cresce ma può anche morire nel momento in cui perde la sua spinta creativa e si irrigidisce. Teoria, ripetiamo, discutibile, come lo sono le più recenti tesi di Samuel Huntington sullo ‘Scontro delle civiltà’, ma è anche evidente che per riprendere forza e vitalità l’Occidente deve poter proporre e anche imporre il suo modello all’interno dell’area geopolitica dove si è finora affermato.
Da questo punto di vista un ruolo fondamentale è affidato all’educazione dei giovani stranieri di prima e seconda generazione, che (come gli italiani) devono essere formati in un’ottica inter o trans-culturale, liberando il campo dal modello ambiguo e perdente del multiculturalismo. Deve essere però una scelta condivisa da tutti, anche da quei Paesi (l’esempio più noto, in Europa, è quello del Regno Unito) che il multiculturalismo l’hanno interpretato nel senso della legittimazione – o quanto meno tolleranza – di scuole, finanziate con fondi pubblici, fortemente caratterizzate dal punto di vista religioso-valoriale, diventate bacini di coltura del radicalismo islamista (ma anche induista o di altre affiliazioni religiose).
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