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Scuola e immigrazione: uno studio dell’Ocse

Immigrant Students at School  (sottotitolo Easing the Journey towards Integration) è uno studio dell’Ocse – Direttorato Education and Skills – uscito nei giorni scorsi, che approfondisce in particolare, a partire da specifici dati raccolti in occasione dell’edizione 2012 di PISA, la questione delle strategie educative poste in opera dai Paesi dell’area Ocse per fronteggiare la forte crescita dell’immigrazione dai paesi poveri o in guerra.

Il tema ha acquistato una forte attualità anche alla luce e in conseguenza dei fatti di violenza, in particolare a danno delle donne, verificatisi in occasione dello scorso Capodanno in Germania, con epicentro a Colonia, e in numerose altre città europee.

Nella sua introduzione allo studio Andreas Schleicher, responsabile del Direttorato, osserva che dal punto di vista statistico non si registrano, nel periodo 2003-2012, conseguenze negative sulle performance medie dei sistemi educativi dei diversi Paesi ad alta immigrazione derivanti dal forte aumento del numero di studenti stranieri: malgrado le loro precarie condizioni economiche e di inserimento sociale gli studenti appartengono mediamente a famiglie che conferiscono ai Paesi che li ospitano rilevanti apporti positivi in termini di valori e di capitale umano.

Dallo studio risulta che la maggioranza degli studenti immigrati di prima generazione ha almeno un genitore che ha seguito corsi scolastici per un periodo di tempo uguale a quello rilevato per la media dei genitori dei Paesi ospitanti. Molti di essi, inoltre, rivelano un grado di motivazione verso il successo scolastico – alimentato anche dalle aspettative dei genitori – superiore a quello dei loro compagni nativi.  

Sempre sulla base delle rilevazioni effettuate lo studio dell’Ocse mostra che i migliori risultati vengono ottenuti nei Paesi dove i figli degli immigrati possono frequentare la scuola fin dal livello pre-primary, vengono inseriti in classi mixed ability, ricevono una preparazione linguistica adeguata, e possono contare su docenti specificamente preparati per insegnare in classi dove confluiscono ragazzi di diverse etnie e culture.

Basteranno questi ragionevoli consigli a indurre i decisori politici dei Paesi Ocse e in particolare europei (quasi tutti, ormai) ad assumere iniziative in campo educativo capaci di rimuovere alla radice le ragioni culturali di comportamenti come quelli evidenziatisi nell’assalto di Capodanno alle donne di Colonia e delle altre città europee, e capaci di eliminare l’attrazione che il fondamentalismo islamico esercita in alcuni casi sugli studenti immigrati di prima e seconda generazione?

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