Scuola da 13 a 12 anni? Meglio tardi che mai

Ora il problema di far durare la scuola 12 anni e di abbassare l’età dei diplomati a 18 sembra tornare di attualità, e non è da escludere che tra le ragioni che militano a favore di questa ipotesi ci siano quelle di carattere economico, oggi certamente più pressanti che in passato, anche se la più importante sarebbe la ricerca di una maggiore affinità del sistema scolastico italiano con i modelli adottati a livello europeo e mondiale.

E’ facile prevedere che le resistenze saranno di nuovo molto forti. Già il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, ha dichiarato “Non vorremmo che l’obiettivo fosse l’ennesimo taglio di posti nella scuola pubblica statale”, e sicuramente torneranno alla carica coloro che pensano che la scuola secondaria superiore non può durare meno di cinque anni, soprattutto dopo la cura dimagrante impostale dalla riforma Gelmini con la riduzione dell’orario settimanale a 30-32 ore.

Eppure restiamo convinti che l’Italia non possa continuare ad essere praticamente l’unico grande Paese economicamente  sviluppato che si permette di far iniziare l’università (meglio: l’istruzione terziaria) un anno dopo gli altri. Ben venga dunque un ampio e approfondito dibattito pubblico – non la proposticchia di una semiclandestina commissione ministeriale – propedeutico a una rapida decisione sulla materia. Oltretutto il diploma di istruzione secondaria preso a 18 anni ristabilirebbe una effettiva parità con il diploma professionale previsto dopo il quarto anno dei percorsi regionali di istruzione e formazione, come nella prima proposta avanzata al ministro Moratti dalla commissione Bertagna nel 2001: la asimmetria temporale (ma anche culturale e sociale) tra i percorsi scolastici e quelli professionali è una delle ragioni del fallimento di entrambi.