Santa Cecilia a scuola: cultura, tradizione e territorio

di Vito Piepoli

Pettole calde, Stelle di Natale e pastorali natalizie, hanno accolto la mattina del 22 novembre scorso, gli studenti dell’istituto Cabrini a Taranto. Stupore, incredulità e gioia incontenibile a sprazzi erano palpabili negli studenti all’ingresso della scuola.

Eppure la città come da tradizione ogni anno si sveglia prestissimo e ribolle in attesa dei tradizionali eventi che prendono corso di buon ora durante la notte.

Il 22 novembre è infatti il giorno di Santa Cecilia e a Taranto inizia il Natale più lungo d’Italia. Strade affollate nel cuore della notte, nella magica notte.

Per  i tarantini la tradizione si rinnova, anzi si arricchisce con la processione della statua di Santa Cecilia, poi c’è come sempre, il profumo delle pettole calde che si diffonde sui marciapiedi per strada, e le pastorali delle bande che hanno risvegliato la città ricordando che sono iniziate le feste natalizie.

Don Emanuele Ferro, della parrocchia di San Cataldo, da dove la statua della santa verrà traslata, ha riferito: «Non ci aspettavamo tanta gente. Abbiamo voluto in un certo senso sottolineare il fatto che queste tradizioni così radicate nel cuore dei tarantini, sono nate sull’isola della città vecchia».

«Ci ritroviamo come ogni anno ad aprire questa lunga giornata nella festa della nostra patrona Santa Cecilia, abbiamo iniziato da S. Cataldo e proseguiamo per le vie della città senza tralasciare i punti particolari, con maggiore riguardo agli ospedali, noi con le altre bande» ci ha ricordato Giuseppe Grecucci direttore della Banda di Santa Cecilia.

Oltre che nelle case e per le strade, anche all’istituto Cabrini quindi, Santa Cecilia è stata sinonimo di pettole e pastorali. Un cibo che, secondo la tradizione, i tarantini donavano ai pastori. Un prodotto povero e semplice, ma gustoso, che rappresenta l’essenza del dono, un’obbligazione reciproca che sorge all’interno di una comunità di conoscenti e non.

Orbene, come volevasi dimostrare l’Italia possiede il patrimonio culturale più ingente al mondo.

E la Puglia di cui sopratutto Taranto, lo possiede in modo particolare. Ma questa affermazione è oramai una sorta di leit motiv, che nelle più disparate occasioni sentiamo ripetere da studiosi, accademici, politici, ed esperti di turismo.

Il turismo potrebbe avere un ruolo di rilievo per la valorizzazione dell’eccezionale patrimonio tarantino, anche in considerazione delle mutate abitudini di consumo e fruizione del turista contemporaneo.

Fino a qualche anno fa il turista veniva classificato a seconda delle motivazioni principali di vacanza. C’era il turista balneare, il turista sportivo, il turista religioso, e così via. Oggi questa classificazione piuttosto rigida non c’è più. Qualcuno ha definito “multisensoriale” il nuovo modo di vivere la vacanza. Il turista cioè non si accontenta più del relax e dell’aria buona, ma desidera vivere la vacanza attraverso i cinque sensi.

Oggi sono le risorse nascoste, autentiche (benessere, cultura, tradizioni, gastronomia, etc.), che connotano una vacanza e rendono unica una destinazione.

«Ma le ragioni per valorizzare un territorio non sono solo quelle turistiche, ma sopratutto umane» ci ha riferito Angela Maria Santarcangelo, la nuova dirigente dell’istituto scolastico “F.S. Cabrini”, che dispone tra l’altro anche dell’indirizzo di studio per il Turismo, oltre che degli indirizzi Chimico, Audiovisivo, Aziendale e Grafico . «Prima ancora che per l’industria del turismo, la valorizzazione della cultura e delle tradizioni di un luogo è importante per l’identità di una comunità e di un territorio e la scuola in questo è maestra di vita e non può non fare da riferimento, rendendosi realmente presente da protagonista, facendo da collante e favorendo l’aggregazione sociale di un territorio» ha concluso.

Un gesto quindi quello delle pettole a scuola, che nella sua semplicità ha ben racchiuso il significato di tutto quello di cui vi abbiamo riferito.