RSU: chi ha vinto e chi ha perso
Una lettura soltanto aritmetica dei risultati delle elezioni delle RSU lascia pochi dubbi: vincono le liste confederali, ma soprattutto la CGIL, perdono le liste autonome, ma soprattutto la Gilda. Non decolla la lista ANP-ANQUAP, anche se il dato complessivo, inferiore al 2%, riguardante questa formazione elettorale, sostenuta anche dall’APEF (l’associazione fondata da Sandro Gigliotti dopo la sua uscita dalla Gilda), cambia sensibilmente se lo si riferisce alle sole scuole dove la lista è stata presentata: la percentuale, secondo gli interessati, salirebbe in questo caso al 15% (www.anp.it).
Ma è la lettura politica dell’esito di questa tornata elettorale, che ha coinvolto quasi un milione di elettori, ad offrire significativi elementi di riflessione: sotto questo profilo va rilevato che il forte aumento dei consensi registrato dalla CGIL è senz’altro dovuto alla posizione antagonistica mantenuta da questo sindacato verso l’attuale governo, fin dalla sua nascita, a difesa del modello di scuola che si stava sviluppando nella passata legislatura con i ministri Berlinguer e De Mauro e precedente. Difesa del tempo pieno col doppio insegnante, difesa della riforma della scuola elementare che aveva introdotto il modello organizzativo dei “moduli” (3 maestri su 2 classi), contrasto duro della riforma Moratti, netto dissenso alle proposte di disciplinare la funzione e il profilo professionale dei docenti per via legislativa, lotta dura contro i “tagli” di organico e in favore della stabilizzazione dei “precari”. Una linea, insomma, di mantenimento dell’esistente, che nonostante la mancanza di proposte alternative ha incontrato il favore di molti insegnanti.
Gli altri sindacati confederali, CISL e UIL, attestati su posizioni più aperte al confronto sulle riforme, non sono stati comunque penalizzati, e hanno ottenuto un risultato che, sommando i rispettivi consensi, supera quello della CGIL. Lo SNALS, e in misura maggiore la Gilda, hanno invece probabilmente pagato un prezzo per aver assunto una linea non di contrapposizione ideologica, che non ha “cavalcato” la protesta.
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