Ritorno a scuola, in forse la data del 7 gennaio. Tutti i nodi da sciogliere

Il 7 gennaio, data fissata per il ritorno a scuola degli studenti delle superiori, sembra essere di nuovo in forse. Nonostante le rassicurazioni della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che in una diretta Facebook ha provato a rassicurare gli animi dicendo che si sta lavorando con le Regioni nella direzione di un back to school subito dopo le Feste, i problemi da risolvere sono ancora diversi. A partire dalla questione trasporti. Se infatti è vero che i tavoli dei prefetti previsti dall’ultimo Dpcm si sono insediati, per ora quasi nessuna decisione sembra essere stata presa.

Secondo quanto riportato dal Sole24Ore, i primi report dai tavoli provinciali non sarebbero incoraggianti. In molti casi si è ancora al conteggio della popolazione scolastica che utilizza i mezzi pubblici, in altri si insiste sullo scaglionamento degli studenti su due turni sia per le entrate che per le uscite a distanza di almeno 90 minuti. Sarebbero pochi i casi, uno su tutti quello di Bologna, in cui si sarebbe già alla quantificazione dei veicoli aggiuntivi. 

Senza contare che le divisioni all’interno del Comitato tecnico scientifico non aiutano. Appena due giorni fa il direttore Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, ha detto che è ancora presto per dire se a gennaio “potremo o no riaprire completamente le scuole, anche le superiori”. Ieri, in un’intervista a “Mattino cinque”, il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, ha poi definito “auspicabile” il ritorno a scuola dopo le Feste

Insomma, per famiglie e studenti aumentano le incertezze, mentre ancora non si vedono indicazioni chiare da parte del Governo, come fa notare anche Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano: “A tre settimane dal fatidico 7 gennaio non si sa, ad esempio, come avverranno gli scaglionamenti in ingresso e uscita dagli istituti: tre turni, ore 8, 9, 10, a seconda della classe e della disponibilità del trasporto pubblico che resta al 50% di capienza, nonostante i fondi in più stanziati dall’esecutivo? Non sappiamo neppure se i nostri studenti saranno accolti da tutti gli insegnanti in cattedra: in molte scuole mancano ancora docenti, un ritardo record quello di quest’anno”. 

E trasporti e scaglionamenti, lo sappiamo bene, non sono certo gli unici nodi da sciogliere per il ritorno a scuola. A causa della mancanza, ancora oggi, di docenti, il tempo pieno alla primaria o prolungato alle medie non esiste ovunque. Tantissimi istituti, poi, per rispettare le regole sanitarie, hanno riadattato i laboratori ad aule per far entrare, distanziati, i ragazzi: un danno gravissimo, per i licei, ma soprattutto per gli istituti tecnici e professionali, dove oltre il 40% della didattica è “laboratoriale”. Lo stesso, ennesimo, criterio del rientro alle superiori al 75% è nei fatti complicato da attuare, visto che comporta un nuovo cambio di orario di servizio per i docenti (il quarto da settembre), con acrobazie nel caso di insegnanti pendolari o con spezzoni orari in più scuole.

Proprio per questo sindacati e insegnanti frenano: “Noi ci proveremo a rispettare le norme – afferma Flavia De Vincenzi, dirigente scolastica dell’istituto tecnico Leopoldo Pirelli di Roma, al Sole24Ore -. Avrei preferito che si lasciasse all’autonomia di ciascuna scuola l’organizzazione. Alunni e famiglie sono disorientati, me ne accorgo, noi faremo di tutto per garantire il diritto all’istruzione”.