Ritorna la vertenza dei pasti gratuiti degli insegnanti

Alla fine degli anni ’90 una vertenza sindacale aveva interessato per lungo tempo, anche con momenti di aspro confronto, docenti e Comuni per la gratuità dei pasti consumati durante la refezione degli alunni.

Alla fine la vertenza si era conclusa (legge n. 4/1999) con il riconoscimento del diritto dei docenti al pasto gratuito e con l’impegno del Miur di rimborsare, se pur in modo forfettario, i Comuni che avevano l’onere di organizzazione della mensa. Dalla legge la norma era stata trasferita nel CCNL della scuola (ora art. 21). Da allora sono passati più di 15 anni, ma da un po’ di tempo la questione è ridiventata problematica e la vertenza si è riaperta.

Nel frattempo è aumentato il numero di docenti e di personale Ata fruitori della mensa gratuita, sono aumentate anche le spese dei Comuni per la gestione del servizio, mentre il rimborso del Miur sembra che sia rimasto a valore immutato.

L’Anci, attraverso il presidente Fassino ha chiesto al ministro dell’istruzione Giannini di farsi carico direttamente del costo dei pasti, anziché rimborsare in modo insufficiente i Comuni.  

Un intervento per risolvere la problematica relativa agli oneri sostenuti dai Comuni per la fruizione dei pasti del personale statale nelle mense comunali che, oltre ad arrecare notevoli difficoltà ai bilanci comunali, è  anche motivo di disaccordo tra le scuole e i Comuni”: questa la richiesta contenuta nella lettera inviata da Fassino al ministro Giannini.

L’Anci mette in discussione le disposizioni normative che prevedono un ‘contributo’ dello Stato, per i pasti forniti dai Comuni, in luogo del rimborso dell’intero costo di ogni singolo pasto e, di conseguenza, anche il mancato consenso sulla norma che prevede che tale ‘contributo’ sia erogato in proporzione al numero delle classi che accedono al servizio, invece che al reale numero dei pasti forniti, tra i quali spesso sono compresi anche quelli per gli insegnanti di sostegno, “determinando a nostro avviso un’ulteriore iniquità nella ripartizione delle risorse”.

Nel 2009 – ha ricordato il presidente dell’Anci – anche una sentenza del Tar Lombardia, confermando la tesi sostenuta dai Comuni, ha precisato che il costo di ogni attività formativa, quindi anche l’assistenza alla refezione, deve essere posta a carico dello Stato, quale datore di lavoro, gravando sull’Ente locale la sola gestione dei servizi di assistenza scolastica a favore degli alunni”.

Insomma, in tempi di crisi economica i Comuni non sono più nelle condizioni di sostenere economicamente spese non proprie, come quella per la fornitura del pasto a personale dipendente da altra amministrazione.

La richiesta finale è che, a partire dal 2016, si possa prevedere un aumento delle risorse, adeguandole sia al numero di dipendenti statali autorizzati che al reale costo del pranzo, in attesa di intervenire con una modifica normativa che conduca tale spesa nell’ambito delle competenze proprie del Ministero dell’Istruzione.

La legge di stabilità 2016 riuscirà a tenerne conto o i docenti dovranno portarsi il panino da casa?