Riforma/3: non basta l’informazione, serve il coinvolgimento

Prime impressioni registrate da chi ha partecipato ad alcune iniziative di informazione sulla riforma promosse sul territorio dal MIUR: sembra prevalere un atteggiamento di “disimpegno” della scuola reale.
Insomma i rischi per la riforma non sono solo quelli organizzativi, strutturali ed economici, al centro del conflitto della Moratti con Tremonti e l’Udc. Il rischio maggiore potrebbe essere la condizione psicologica dei docenti, che non essendo forse stati adeguatamente coinvolti sulle motivazioni allo stop dato ai processi di riforma già avviati, né sull’attuazione della nuova legge, potrebbero ora non sentirsi motivati ad assumere un protagonismo attivo e responsabile.
Se le cose stanno così, dove sta il problema: nella carenza di strategia di comunicazione o nella mancanza di condivisione sui valori e sugli interessi in campo?
Poiché i segnali fanno propendere per la seconda ipotesi, si ritorna a un concetto ben noto: le leggi sulla scuola possono anche essere approvate in tempi contenuti, ma i processi di attuazione e ancor più i risultati hanno bisogno di tempi distesi. E così si avvalora anche l’altro concetto, quello della necessità del coinvolgimento, e del confronto più ampio possibile. Per l’approvazione della legge 53/2003 non c’è stato il dialogo con l’opposizione, per la fase attuativa è indispensabile che non manchi quello con la scuola reale e non sia sostituito da indagini campionarie.
Il rischio, confermato da questi primi segnali raccolti sul territorio, è che una riforma non conosciuta a fondo dalla maggior parte dei docenti e percepita come fonte di maggiori compiti e di tagli agli organici, possa incontrare nella base una resistenza, anche inconsapevole, ai prossimi cambiamenti.