Riforma Moratti: quante parole per cambiare la scuola?

Potrebbero bastare solamente 3.600 parole per cambiare la scuola italiana. Tante infatti ne sono servite per stilare il testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 14 marzo.
Tuttoscuola aveva già radiografato gli aspetti lessicali del documento Bertagna (Le 33 mila parole del rapporto Bertagna) a dicembre con esiti curiosi e inaspettati. Ripetiamo ora la medesima rilevazione sul disegno di legge Moratti riscontrando la frequenza dei termini utilizzati, le tendenze, i gradimenti e le esclusioni. E non mancano le sorprese.
I valori predominanti della politica del ministro Moratti dovrebbero essere famiglia, azienda e sistema privato. In proposito ecco cosa ci ha detto la ricerca.
La “famiglia” è citata una sola volta, i “genitori” due, i figli mai.
Non si fa uso mai del termine “azienda”, ma si cita “impresa/e” 3 volte, “lavoro” 11 e “manager” (o derivati) mai.
Due sole volte si fa uso del termine “privato/a” e suoi derivati, mai si nomina la scuola paritaria.
“Formazione” (50 volte) ha la stessa diffusione di istruzione (48) in perfetta corrispondenza al sistema duale previsto dalla riforma.
Ancora una volta “educazione” (2 citazioni) è ai margini, mentre si affaccia timidamente il termine “valutazione” e suoi derivati (12 volte).
I luoghi della riforma hanno questo peso di citazioni: scuola dell’infanzia e scuola primaria sono citate 8 volte ciascuna (anche per effetto degli anticipi di iscrizione), la scuola secondaria di primo grado 4, e i licei 11. Fanno il loro ingresso nel sistema le Regioni (6 citazioni) e i Comuni (4).
I protagonisti scolastici della riforma hanno questo spazio: mai citati i dirigenti scolastici, 13 volte i docenti/insegnanti, una sola volta il personale Ata. Studenti (e sinonimi) sono citati 10 volte.
In una scuola che pone al centro del sistema lo studente è giusto che “apprendimento/i” (7 volte) sia più citato del termine “insegnamento/i” (3). E l’autonomia scolastica (4 citazioni) è salva (quasi).