Riforma. Il ritorno del liceo classico

È opinione diffusa che tra tutti i percorsi della nuova scuola secondaria superiore quello del liceo classico sia il meno toccato dalla riforma Gelmini. Con soddisfazione dei tradizionalisti e di chi diffida della riforma (di qualunque riforma), e critiche dei riformisti che da sempre vorrebbero un liceo classico meno distinto e distante dagli altri indirizzi di scuola secondaria. Ma è vero che il liceo classico sia cambiato poco o nulla, come molti dicono?

Si tratta di un’opinione nello stesso tempo giusta e sbagliata. E’ sbagliata perché le novità nel complesso non sono poche: intanto l’inglese si studia in tutti i cinque anni, e così le scienze. Crescono nel quinquennio le ore di matematica, fisica e storia dell’arte. Diminuiscono di un’ora italiano e il binomio (altra novità) storia-geografia rispetto a quando le materie erano separate. E nel biennio iniziale si torna a 27 ore, superando tutte le sperimentazioni che in vario modo avevano fatto crescere l’orario (i programmi Brocca, per esempio, ne prevedevano 34).

Ma l’opinione che il liceo classico sia cambiato poco, e che anche per questo sia tornato ad occupare uno spazio privilegiato, in qualche modo culturalmente e socialmente sovraordinato rispetto agli altri indirizzi di studio, è sostanzialmente giusta. E lo è perché corrisponde alle aspettative delle famiglie che lo scelgono per i loro figli. Come una volta.

Negli ultimi decenni il liceo classico, a seguito delle numerose sperimentazioni, aveva in parte perso i connotati della sua ‘diversità’. Ora, sembra di capire, li recupera in pieno.