Riforma: il ravvedimento della Moratti

I nulla di fatto sul primo decreto legislativo di attuazione della riforma ormai non si contano più. Il Consiglio dei ministri sembra non avere più tanta fretta di decidere.
Serve più tempo di riflessione per trovare le necessarie intese tra le forze di maggioranza.
Un tempo che il ministro Moratti, stando alla nutrita serie di incontri della settimana scorsa con le parti sociali, sembra voler impiegare per trovare consensi o, quantomeno, non ostacoli, da parte delle forze sociali. La strada ci sembra buona, anche se intrapresa tardivamente. E comunque è attesa alla prova dei fatti, che vuol dire disponibilità effettiva a modificare il progetto, non apertura a parole.
Ma il vero interrogativo di questa riforma resta quello finanziario. Chi infatti garantirà la copertura a calcoli che, invece che essere certezze, per ora sono solo ipotetici, e che il ministero dell’Economia contesta, rimettendo in discussione il progetto complessivo?
La riforma – sembra sia il diktat di Tremonti – ha un costo significativo e non può essere avviata se non ha la copertura finanziaria necessaria: prima di procedere deve essere dunque chiaro il piano finanziario complessivo.
A questo punto il ministro Moratti, con alle spalle una maggioranza piena di dubbi e riserve e davanti al muro sempre più alto alzato dal collega Tremonti, sembra insomma aver cambiato strategia: raggiungere l’obiettivo cercando il confronto con le rappresentanze della società civile su proposte che diano concretezza di contenuto alle scelte del decisore politico e mirando a costruire il consenso e la condivisione di tutti gli attori sociali. Una linea di comportamento seguita da molti predecessori alla Minerva che sono riusciti poi a portare in fondo i loro progetti, diversa dall’azione “di sfondamento” finora tentata dall’amministrazione Moratti.
Ma quale alternativa c’è alla riforma generalizzata, ormai impraticabile entro settembre?