Riforma dei cicli, che fine farà l’autonomia delle scuole?

L’autonomia delle scuole si esprimerà a tutto campo, sul 100% dei piani di studio  (cioè la quota nazionale degli stessi piani sommata a quella regionale), o si ridurrà alla facoltà di poter decidere sui contenuti di una piccola quota dei piani di studio, mentre i “poteri forti” (Stato e Regioni) si occuperebbero autocraticamente – ma con quali poteri di controllo e di intervento, verrebbe da chiedersi – di tutto il resto? E’ un interrogativo che molti tra gli addetti ai lavori si stanno ponendo in questi giorni.

La riforma Moratti ribadisce in più punti il rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, ma tra le ipotesi che circolano sulla struttura dei futuri piani di studio c’è anche quella che parla di “quota nazionale”, “quota regionale” e “quota dell’autonomia”. Come se l’autonomia delle scuole consistesse nella gestione degli spazi ricavati dalla applicazione della normativa, se sarà confermata, riguardante i margini di flessibilità nella gestione degli orari delle discipline (fino al 15%, prevedeva la sperimentazione dell’autonomia attuata negli scorsi anni).

Forse la forte personalizzazione dei piani di studio, e il ruolo fondamentale dei docenti chiamati ad individuare e valutare gli “obiettivi formativi”, potrebbero far propendere per una interpretazione ampia, a tutto campo, del concetto di autonomia, da riferire al processo formativo nel suo insieme, e non a qualche modesto esperimento di bricolage curricolare.