Regionalismo differenziato: poche opportunità, molti problemi

Analisi sulle proposte del vecchio Governo

Prima di entrare nel merito specifico del regionalismo differenziato con riguardo all’istruzione, (che pare oggettivamente quello che più difficilmente potrà vedere la luce visto il fuoco di sbarramento che sul tema emerge ogni giorno, anche da parte di una parte della compagine governativa, cioè del Movimento 5 stelle), occorre precisare alcuni punti che riguardano
l’istituto più in generale. Come noto il regionalismo differenziato è stato introdotto con una modifica dell’art. 116 della Costituzione con la revisione costituzionale del 2001. Più precisamente il terzo comma prevede che alle Regioni possono essere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. In tal modo si introduce nel nostro Paese un “terzo” tipo di autonomia regionale. Di questo abbia parlato all’interno del numero di settembre di Tuttoscuola in articolo di Annamaria Poggi.

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Oltre alle 5 Regioni speciali e alle Restanti Regioni ordinarie, infatti, è possibile dar vita ad una terza forma: la regione differenziata e cioè la Regione ordinaria che, attraverso la richiesta di maggiori competenze, viene così a differenziarsi dalle altre.

La Costituzione non precisa altro, oltre alle poche norme sopra riportate e contenute nell’art. 116. Per esempio non dice se la differenziazione può essere permanente oppure transitoria; oppure quante competenze in più si possono chiedere ed ottenere, se il Parlamento può rifiutare la richiesta e vanificare tutta la fase della trattativa Governo-Regione. Inoltre non è stata adottata alcuna legge di attuazione dell’articolo 116, essendo abortito l’unico tentativo fatto in proposito dall’allora Ministro Linda Lanzillotta. Inoltre l’autonomia differenziata era prevista nel Contratto di governo gialloverde che all’art. 19 prevede: “Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte.

Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse. Alla maggiore autonomia dovrà infatti accompagnarsi una maggiore responsabilità sul territorio, in termini di equo soddisfacimento dei servizi a garanzia dei propri cittadini e in termini di efficienza ed efficacia dell’azione svolta. Questo percorso di rinnovamento dell’assetto istituzionale dovrà dare sempre più forza al regionalismo applicando, regione per regione, la logica della geometria variabile che tenga conto sia delle peculiarità e specificità delle diverse realtà territoriali sia della solidarietà nazionale, dando spazio alle energie positive ed alle spinte propulsive espresse dalle collettività locali”. Previsioni per la verità molto generiche che suonano, però, almeno per la ex maggioranza leghista come un impegno politico inderogabile per la tenuta del Governo.

Dopo una prima fase di tentativi di attuare la norma nel 2006-2007,sullo scorcio finale della scorsa legislatura il Governo Gentiloni firmò con tre Regioni (Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna) delle Bozze di Intesa, poisuperate dalla fine della Legislatura.

Il Governo gialloverde sembrava aver varato una nuova e diversa stagione, assai variegata: potremmo davvero dire a “geometria variabile” secondo gli auspici dei firmatari il Contratto di Governo, nel senso che (sempre che la documentazione di cui disponiamo sia veritiera) non c’è una richiesta uguale all’altra. Abbiamo approfondito la questione all’interno del numero di settembre di Tuttoscuola.

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