Recupero. E se si utilizzassero le ore pagate e non prestate?

Con la riforma delle superiori che ridurrà gli orari settimanali, in futuro non dovrebbero esserci più (forse) riduzioni dell’ora di lezione e potrebbero venir meno le condizioni (forse) anche per il diritto dei professori, grazie ad una norma contrattuale (che richiama una circolare ministeriale di trent’anni fa mai abrogata) di non recuperare le ore non prestate.

Se trent’anni fa i casi di forza maggiore che autorizzavano la riduzione oraria delle lezioni e il non recupero da parte degli studenti e dei professori riguardavano la minoranza delle scuole, dopo, con le sperimentazioni la situazione si era inflazionata estendendosi a tutte le tipologie di istituto.

La stabilizzazione dei nuovi orari dovrebbe ora consentire in molti casi di evitare la riduzione di orari per causa di forza maggiore (ferma restando la possibilità degli istituti di organizzare le unità orarie delle lezioni in modo diverso con obbligo di rispettare la quantità oraria settimanale).

Per il momento, però, per quest’anno e per qualche anno ancora (la riforma delle superiori entra in vigore gradualmente), in molti istituti che hanno ridotto l’orario settimanale delle lezioni con la formula di ore di lezione da 45-50 minuti, c’è una consistente risorsa di ore di insegnamento non prestate che può essere sfruttata.

A dire il vero ci sono istituti virtuosi che, su delibera del collegio dei docenti, quelle ore pagate ma non prestate già le utilizzano, almeno in parte, per laboratori o gruppi di recupero. Ma molti istituti, invece, quelle ore dei docenti non prestate non le recuperano per niente.

Sarebbe così strano se gli insegnanti, lasciando il comodo scudo della norma contrattuale, prestassero per i corsi di recupero dei loro studenti le (non poche) ore cumulate nel corso dell’anno per mancata prestazione dell’insegnamento?