Rapporto Ocse, Turi (Uil Scuola): ‘Gli stipendi sono spesa per investimento e non spesa improduttiva’

“Cosa penserebbe chi non è allucinato dagli stereotipi? Che basterebbe aumentare gli investimenti al livello degli altri paesi dell’Area euro, che è di circa un punto e mezzo sopra. Nel nostro paese, invece, si guarda ai soliti stereotipi per deviare l’attenzione dal vero problema: la mancanza di investimenti da anni”. È quanto dichiara Pino Turi, segretario Uil Scuola, commentando i recenti dati Ocse che hanno evidenziato un ritardo della scuola italiana.

“Certo – ammonisce il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi  – se il Governo non cambia strada e non lo fa al più presto la questione si aggrava. Quando la torta è insufficiente, ognuno tira il coltello dalla sua parte per tagliare una fetta maggiore. I docenti sono le vittime di questo sistema. Dire che gli stipendi sono spesa corrente improduttiva – aggiunge Turi – non favorisce in alcun modo quella dignità che in questi anni è andata declinando. Diciamolo una volta per tutte: gli stipendi sono spesa per investimento e non spesa improduttiva”.

“A meno che – prosegue il Segretario –  propagando alla scuola il modello industriale che piace a molti, non si pensi di sostituire la persone, i docenti con dei robot. Si tratta di cambiare registro ed affrontare i problemi al di fuori degli stereotipi che ci fanno fare passi indietro .Assistiamo dunque ad un doppio racconto: l’Ocse ci ricorda di adeguare gli investimenti, in Italia parte delle élite economiche, con un  eco anche in Parlamento,  reclama l’efficienza dei privati, un taglio degli organici in funzione della curva della denatalità, rivendica risorse in nome di un risparmio che andrebbe a tradursi un’ulteriore diminuzione della spesa in istruzione”.

“Al ministro Fioramonti – rilancia il segretario generale della Uil Scuola – sollecitiamo un impegno che veda nuovamente la scuola come base costitutiva di una società coesa e solidale, basata sui quei valori e principi che la portino a funzionare nuovamente come ascensore sociale. Solo questa può essere la molla per fare tornare la voglia di studiare ed anche di lavorare”.