Quell’articolo 39 della Costituzione disatteso

La delibera n. 256/21 del 4 novembre u.s. con cui la Commissione di garanzia ha dichiarato che il FISI non è un sindacato, nonostante avesse proclamato un mese ininterrotto di sciopero generale (registrando, comunque, oltre 4mila adesioni allo sciopero tra il personale scolastico), potrebbe riaprire una questione costituzionale che sembrava essere andata in archivio: l’applicazione dell’articolo 39 della Costituzione.

L’art. 39 disponeva (e tuttora dispone): “L’organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

Negli anni’70 le grandi organizzazioni sindacali si opposero decisamente all’attuazione dell’art. 39, soprattutto per il timore che il 2° comma (la loro registrazione) e il 3° comma (obblighi di statuti con ordinamenti a base democratica), potessero limitare l’esercizio di piena tutela dei lavoratori.

Il Parlamento non forzò la mano, rinunciando a tradurre in legge cogente l’art. 39, e non si attivarono, conseguentemente alcuna registrazione e alcun controllo di ordinamenti interni a base democratica.

Ma oggi, grazie alla mancata attuazione dell’articolo 39, qualsiasi soggetto può autonomamente dichiararsi sindacato, senza dover rendere conto a nessuno della sua organizzazione interna e della sua effettiva natura sindacale.

Tutto questo è senza conseguenze? La vicenda FISI sembra smentirlo.

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