Qualità&Merito/5. La peggiore delle crisi? L’istruzione inefficace

L’andamento concitato e in qualche caso velenoso delle polemiche di questi giorni sugli effetti della manovra economica, ma anche su vicende poco chiare (inchiesta P3), ha fatto passare in secondo ordine l’agenda degli interventi intorno ad alcune riforme: la riforma della scuola e della università, la formalizzazione dell’Accordo Quadro di attuazione del Titolo V, la riforma della pubblica Amministrazione. Ma la crisi dell’istruzione resta anche se non smettiamo di parlare di quella finanziaria.

Delusione e preoccupazione sono gli stati d’animo ricorrenti a una cinquantina di giorni dall’avvio del nuovo anno scolastico. Tutti a parole dicono di sapere come agire esattamente (riordino dell’istruzione secondaria liceale, tecnica e professionale, insegnamento di alcune discipline in lingua straniera, test per “misurare” quanto i ragazzi hanno imparato, etc;) per migliorare la qualità del sistema scolastico. Sarebbe sbagliato pensare che sia sufficiente verificare l’apprendimento degli alunni per garantire standard formativi di qualità più alti per tutti, per ridurre le distanze che separano il nostro paese dalle altre nazioni.

Non è sufficiente insomma la sola promozione del Piano nazionale qualità e merito con la previsione di un test a settembre e di un altro a giugno per migliorare gli esiti formativi e perché questo possa incidere anche sulla crescita dell’economia.

E che i ragazzi più bravi avranno, a prescindere dal reddito, una borsa di studio che consentirà loro di studiare nelle università migliori e non per forza in quella sotto casa, è certamente una prospettiva ottima, ma a condizione che si assicuri a tutti un bagaglio di conoscenze ed effettive opportunità di accesso al lavoro, come antidoto contro l’iniquità della nostra scuola.

Eccellenza ed equità debbono e possono andare di pari passo.