Quale formazione professionale superiore?/1

Francesco Giavazzi in un editoriale sul “Corriere della sera” di qualche settimana fa aveva avanzato al centrosinistra la cosiddetta ‘sfida antiprogrammista’. Basta parole generiche, invocava. Impegni concreti, invece. E ne elencava cinque, uno dei quali avrebbe fatto contento Luigi Einaudi: l’eliminazione del valore legale dei titoli di studio. Se non dappertutto almeno all’università, faceva intendere.
Le reazioni non sono state positive. Niente prospettive del genere. Ma nemmeno un po’ di concorrenza in questo settore della formazione? Poca anche quella, sembra la risposta dominante. L’università, infatti, viziata dai recenti provvedimenti Moratti – osteggiati da molti, rumorosamente, di giorno, ma apprezzati da altrettanti, silenziosamente, di notte perché sono una delle più estese operazioni di immissione in ruolo con un’ope legis mascherata degli ultimi decenni – già pregusta l’allargamento dei propri organici. Tutti professori.
E tutti i ragazzi che escono dalle scuole del secondo ciclo, al di là delle parole, non avranno altra possibilità di istruzione e formazione superiore che l’università. L’università nuova ‘scuola unica’ per i giovani post diciannovenni. Se mai si dovesse poi prefigurare una formazione professionale superiore parallela all’università, essa deve essere chiaramente di serie B, e residuale, per non entrare in concorrenza con il monopolio universitario. Questa sembra la musica in voga.